«Questo manifesto era un vero esperimento perché non dovevano esserci riferimenti diretti al film e non dovevano esserci i volti degli attori: la produzione voleva che, attraverso il poster, si trasmettesse soltanto un’idea».
Era il 1983 quando Renato Casaro venne contattato per realizzare il poster di Bad Boys; il pittore aveva chiesto numerose foto di scena per buttare giù qualche schizzo ma il produttore rispose chiaramente: «Questa volta le foto devono venir fuori dalla tua mente. Deve passare il concetto di devianza giovanile, dobbiamo rappresentare l’idea del classico teppista americano che gira in moto e rapina la gente». Casaro si prese ventiquattrore per rifletterci su, ma nel frattempo chiese aiuto ad un amico costumista.
«Avevo qualche ipotesi di poster che mi ronzava per la mente, il produttore voleva “solo un’idea”, niente attori e quindi pensai di rappresentare appunto “solo l’idea” di teppista: soltanto vestiti, niente corpi. Ma mi serviva un modello: l’amico costumista, recuperati occhiali da sole e giubbotto in pelle con le borchie, posò per me e gli scattai diverse fotografie».
Casaro iniziò a dipingere, dovevano emergere unicamente toni “notturni” legati alla cattiveria di quei ragazzi e in piena notte ebbe un’intuizione: «Era più o meno mezzanotte quando mi venne in mente di inserire il titolo del fi lm anche sul giubbotto, all’interno di una spilla, come se quello dei “Bad Boys” fosse un gruppo o una “confraternita”. Quanto a Sean Penn, che era il protagonista, ricordo che dalla produzione sconsigliarono di inserirlo sul manifesto. Dicevano: ‘È un ragazzino al suo terzo fi lm, chi vuoi che lo conosca?’. Ad avere la palla di cristallo le cose sarebbero andate diversamente!».
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