Scegli. Pillola rossa o Pillola blu. O sai o non sai. Non puoi non scegliere. Nel mio mestiere, scegliere e saper scegliere è tutto.
È fondamentale nel percorso vero e proprio, quello che i più chiamano “carriera”, quella cosa per cui magari azzecchi tre film di fila o magari azzecchi quello giusto subito e poi ne sbagli tre: da lì, poi, si ricomincia e si ricomincia a scegliere. O scegli di circondarti di collaboratori giusti, che riescono a supportarti e sopportarti. O quelli che magari odi, ma che ti “posizionano” e ti permettono di fare il tuo bene. L’importante è scegliere. Saper scegliere.
Nel recitare vero e proprio, però, nel mestiere, dico, scegliere è dirimente, fondamentale, la cosa più importante tra tutte. Recitare è, innanzitutto, ascolto: dell’altro, del testo, di ciò che succede, di ciò che si muove o non lo fa, del respiro dell’altro. Immediatamente dopo, recitare è scegliere.
In una scena puoi dover fare centinaia di scelte, e sei perennemente a un bivio: ogni scelta che fai direziona il tuo dialogo e poi sei costretto a farne una immediatamente successiva, e poi subito un’altra e poi un’altra ancora. E magari erano tutte sbagliate. Ma non importa. Ve lo giuro. Una scelta “presa” è interessante da vedere. “Questa scena la faccio tutta così”, e magari è completamente sbagliata, ma se hai fatto una scelta e l’hai portata fino in fondo, anche se non era quello che voleva il regista, ci si fa trasportare dall’interesse di vedere recitare e dalla curiosità. E poi, magari, arriva il regista e ti spiega per bene cosa vuole e quale scelta fare. Nel frattempo, però, ha capito che tu sei uno/a che fa le scelte.
Questo succede quando vi chiedono un self tape. Ormai i direttori di casting, soprattutto per la prima scrematura, post COVID si sono tenuti l’abitudine (maledetta) di farti fare un “Auto provino” ripreso in video. Dove tu ti improvvisi giovane filmmaker. E trovi qualcuno che ti faccia la spalla, che se ti va bene parla italiano. E te lo fai andare bene… Ecco, quando vi chiedono di fare un self tape, un provino in genere, quando parlate in pubblico: ricordatevi di scegliere. Non vi arriveranno tante indicazioni sul personaggio da fare e allora voi fatelo sbagliato, ma fate la scelta fino in fondo. “Questo personaggio ha queste qualità fisiche e morali e per questo si comporta in questa maniera”. Chi dovrà scegliere, capirà che non ci avete capito un cazzo, ma è a sua volta convinto che “qualcosa c’è”.
Così come quando parlate in pubblico: scegliete tre o quattro interlocutori e teneteli come riferimento. Scegliete con chi parlare. Scegliete. Perché non si può “non scegliere”. Non scegliere è impossibile. E a sua volta diventa qualcosa di troppo diverso da quello che era in partenza. Al massimo si può “scegliere di non”. È una scelta. Ma non scegliere è una follia. Da spettatori ultra-profani, vi accorgete subito chi “non ha scelto”: hanno una interpretazione scarica, sciatta, senza un vero e proprio interlocutore. Che proprio, a un certo punto, ti disturbi talmente tanto che smetti di vedere quello che stavi vedendo. Scegliete, sempre. Sbagliate e scegliete di nuovo.
Se proprio dovete, scegliete di non, ma non per restare soli, restare nelle proprie convinzioni. Perché è una scelta e perché ha le sue conseguenze. Non si può “non scegliere”. O si finisce per non meritarsi né il paradiso né l’inferno, a rincorrere un’insegna velocissima e a farsi pungere dalle api. Per l’eternità. Scegliete. O la vita farà quello che vuole e voi non avrete nessuno a cui dare la colpa. Io, in scena, non sbaglio quasi mai. E se sbaglio, sbaglio fino in fondo. E qualcosa succede. E poi c’è la vita…
Allora, pillola rossa o pillola blu?
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