Benicio Del Toro parla molto lentamente e soppesa ogni parola che pronuncia con la sua voce bassa e roca, quasi impastata, che ha reso celebri i suoi personaggi non meno dello sguardo laconico e feroce. Benicio è l’interprete principale di Soldado, in sala dal 18 ottobre, diretto dall’italiano Stefano Sollima, alla sua prima esperienza americana dopo il successo di Gomorra. Il suo Alejandro, infatti, è il centro assoluto dell’intreccio, anche se Soldado – sequel di Sicario, diretto nel 2015 da Denis Villeneuve – è un’opera corale, che non si concentra sul viaggio di un personaggio, ma fotografa nuovamente la frontiera tra Messico e Stati Uniti come un punto di passaggio tra gironi dell’inferno. E se nel primo film si parlava di droga, stavolta la merce sono gli esseri umani e la minaccia del terrorismo. In questa cornice Alejandro è ancora una volta il cane sciolto che fa da braccio destro – senza pietà e senza legge – all’agente federale Matt Graver (Josh Brolin), nella sua sfida ai cartelli messicani. Almeno fino a quando non si trova isolato e circondato da nemici di ogni genere in pieno deserto.
Come è evoluto il tuo Alejandro tra il primo e il secondo film?
«In Sicario è un uomo silenzioso, misterioso, che ha come unica missione nella vita la vendetta. In questo invece vediamo un altro lato della sua personalità. Vediamo il lato umano che si esplicita quando decide di non seguire gli ordini che gli erano stati impartiti e fa una scelta di cuore. Improvvisamente diventa un uomo che controlla le proprie decisioni. In fondo è un bravo ragazzo? Questo non lo so, ma fa certamente la cosa giusta e ne paga anche il prezzo. Non era scontato che partecipassi al sequel ma quando ho letto la sceneggiatura è stato proprio questo aspetto che mi ha affascinato e mi ha aiutato a rientrare nel personaggio. Rende la storia molto interessante».
Da spettatore quale preferisci tra i due?
«Complicato rispondere. Sono due film collegati ma indipendenti e non saprei scegliere. Il primo è ottimo e ha avuto molto successo, ma questo non è da meno e sotto certi aspetti è anche migliore. L’analogia che mi piace usare si riferisce ai Doors. Il loro primo album è indimenticabile e contiene le canzoni più famose, come This is the End e Light My Fire, ma il secondo album, seppur meno esplosivo, è quello che io ascolto di più».
L’intervista completa è pubblicata su Best Movie di ottobre, in edicola dal
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