È tutt’altro che in distress la damsel dei fratelli David e Nathan Zellner (entrambi anche interpreti del film in ruoli nemmeno tanto secondari) che nel loro nuovo film (dopo Kumiko The Treasure Hunter) rivisitano un genere a loro caro ma ne sconvolgono gli stilemi visivi e narrativi alla ricerca di un delicato equilibrio tra realismo e commedia surreale.
Robert Pattinson è Samuel Alabaster, un giovanotto che da Saint Luois parte verso il West in cerca della fanciulla di cui è disperatamente innamorato. La bella Penelope (Mia Wasikowska, che della sua paziente controparte omerica ha ben poco…), infatti, è stata rapita da un bruto e Samuel è disposto ad addentrarsi nei territori più selvaggi con un bizzarro pastore (David Zellner), per liberarla e sposarla sul posto. Non ha dimenticato né l’anello né un adeguato regalo di nozze (un tenero pony nano), ma la sua incrollabile convinzione è destinata a scontrarsi con una dura realtà…
Preceduto da un prologo surreale ambientato in una stazione della diligenza in mezzo a un canyon deserto, il film dei fratelli Zellner esplora un west popolato da personaggi archetipici (il predicatore, il cacciatore con tanto di cappello alla Davy Crocket e l’indiano benevolo) rivisitati con un pizzico di follia, ma è prima di tutto la storia di una ricerca romantica e improbabile e della sua imprevedibile tragicomica trasformazione.
«Samuel ha una sua visione poetica della realtà e dell’amore… e pensa che in nome del fatto che lui è profondamente innamorato tutto quello che fa sia giustificato… a prescindere dal fatto che Penelope, la donna che ama, sia d’accordo con lui» ha spiegato Pattinson, raccontando il suo personaggio, che lo ha attirato proprio per la sfida di rendere interessante per il pubblico un uomo che, alla luce delle polemiche attuali su molestie e consenso, di certo non riscuoterebbe le simpatie delle donne del #MeToo.
Va detto che è proprio la damigella del titolo ad essere la vera protagonista della pellicola. «Siamo sempre stati fan dei western e abbiamo sempre desiderato girarne uno, ma lì le donne sono figure secondarie e passive» hanno spiegato i registi «spesso solo il “premio” dell’eroe di turno. Così nel nostro film abbiamo preso gli stilemi del western, ma abbiamo lavorato per creare dei personaggi più complessi, come la combattiva Penelope».
«Penelope è un personaggio che capovolge le aspettative dello spettatore e da semplice oggetto del desiderio maschile prende in mano la sua vita (e il fucile…) e diventa una persona vera» ha chiarito la Wasikowska, che come attrice rivendica la possibilità di passare dai grandi blockbuster ai titoli indipendenti, alla ricerca di personaggi e storie che possano affascinarla.
Al di là dell’indubbio appeal proto-femminista la pellicola dei fratelli Zellner ha un chiaro debito nei confronti western degli anni ’60 e ’70 (Sam Peckinpah è l’autore a cui i registi dichiarano di ispirarsi), ma rispetto ad essi sceglie la strada di un humour a tratti dissacrante, con alcune sequenze drammatiche (i morti si susseguono con un rispettabile cadenza) che inaspettatamente si venano di slapstick spiazzando le attese dello spettatore.
Foto: courtesy of Sundance Film Festival
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