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Black Adam, Dwayne Johnson non ci sta e si scaglia contro James Gunn

Il film è "rimasto vittima del vortice della nuova leadership" dei DC Studios

Black Adam, Dwayne Johnson non ci sta e si scaglia contro James Gunn

Il film è "rimasto vittima del vortice della nuova leadership" dei DC Studios

black adam

Ospite del podcast Hart to Hart di Kevin Hart, Dwayne Johnson è tornato a riflettere sull’insuccesso di Black Adam, il film che puntava a dare nuova linfa all’ormai quasi archiviato DC Extended Universe, e che invece, purtroppo, si è rivelato un buco nell’acqua.

A fronte di un budget di circa 195 milioni di dollari, Black Adam ha incassato infatti 392 milioni, cifre ben distanti da quelle che erano le aspettative della produzione e dello stesso Dwayne Johnson, causando un passivo alla Warner Bros. di quasi 100 milioni di dollari. Come risultato, l’attore ha annunciato lo scorso dicembre che il sequel per il momento non è in produzione.

Johnson ha spiegato che Black Adam è “rimasto vittima del vortice della nuova leadership”, riferendosi ovviamente all’entrata in scena di James Gunn e Peter Safran al comando dei nuovi DC Studios.

«Ci sono stati così tanti cambiamenti ai vertici» ha risposto Johnson, interrogato da Hart sullo stop al franchise. «Quando in un’azienda ci sono tutte queste modifiche, a volte arrivano delle persone che prendono delle decisioni che non condividi, creativamente e commercialmente parlando».

L’attore ha poi evidenziato i punti di forza del franchise di Black Adam, motivi per cui secondo lui meriterebbe ancora un’altra chance. 

«È stato il più grande debutto della mia carriera. Certo, non abbiamo potuto contare sul mercato cinese, che ci avrebbe fruttato forse 100 o 200 milioni di dollari in più. Avevamo un supereroe e un franchise da far crescere. Abbiamo riportato indietro Superman ed Henry Cavill, cosa che i fan hanno adorato. Ed era anche un film con molta diversity, con uomini e donne di tutte le etnie».

A marzo, Johnson aveva descritto il cambio di leadership dei DC Studios con una metafora sportiva, non senza una punta di amarezza per il destino del suo franchise:

«È un po’ come quando hai una squadra di football professionistico, e il tuo quarterback ti fa vincere il campionato e il tuo allenatore ti fa vincere il campionato, poi arriva un nuovo proprietario che dice “Non è il mio coach, non è il mio quarterback. Voglio qualcuno di nuovo».

Fonte: Variety

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