Blood Simple - Il sangue dei Coen non se ne va più via
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Blood Simple – Il sangue dei Coen non se ne va più via

Capolavoro seminale e punto di svolta della carriera dei due fratelli autori, il noir con Dan Hedaya e Frances McDormand è una pietra miliare del cinema anni '80. E una scena in particolare mostra come, per Joel ed Ethan, orrore e comicità grottesca siano da sempre gemelli

Blood Simple – Il sangue dei Coen non se ne va più via

Capolavoro seminale e punto di svolta della carriera dei due fratelli autori, il noir con Dan Hedaya e Frances McDormand è una pietra miliare del cinema anni '80. E una scena in particolare mostra come, per Joel ed Ethan, orrore e comicità grottesca siano da sempre gemelli

Da febbraio 2016, Roberto Recchioni (fumettista e romanziere, oltre che curatore di Dylan Dog per la Sergio Bonelli Editore) firma su Best Movie A scena aperta, rubrica in cui svela i segreti delle scene più belle dei film disponibili in home video.

Nel 1984, nessuno sapeva chi fossero Joel e Ethan Coen, due fratelli ebrei che da oltre due anni giravano per Hollywood alla ricerca dei due milioni di dollari necessari per girare la loro pellicola d’esordio. Li avevano in fine trovati affidandosi al buon cuore e all’inconsapevolezza di un gran numero di finanziatori esterni, al giro degli Studios e al consiglio di qualche amico dato e di maggiore esperienza (tra cui Sam Raimi). Alla fine, dopo innumerevoli difficoltà, il film aveva visto la luce: anzi, le tenebre, perché di luce in Sangue facile ce n’è proprio pochina. Mutuando lo spunto dal romanzo capolavoro Red Harvest (Piombo e sangue o Raccolto rosso da noi) di Dashiell Hammett, i Coen creano una sorta di disturbante favola nera in salsa texana, dove il delitto è certo ma il castigo molto meno.

Assieme a Crocevia per l’Inferno, il loro terzo film, Sangue facile potrebbe sembrare il lavoro meno ironico mai realizzato dai Coen ma non è così: il film è grottescamente e intimamente malato e violento ma, proprio in virtù delle sue macabre esagerazioni, diventa anche squisitamente divertente. Quando Sangue facile raggiunge la sala non si rivela un successo di pubblico ma la critica lo ama da subito. Il resto, come si suol dire, è storia.

La lunga sequenza che meglio rappresenta il film in tutta la sua formidabile morbosità è quella che prende avvio attorno al minuto 40. Ray (John Getz), uno dei protagonisti di una vicenda di crimine e gelosia piuttosto intricata, ha trovato il suo capo e rivale in amore Julian (il grandissimo Dan Hedaya) nel suo ufficio, con due pallottole in corpo [1].

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Credendolo morto, decide di farne sparire il corpo e lo carica sul sedile posteriore della sua automobile, non prima però di aver ripulito la scena del delitto. È una scena lunga e insistita, in cui il sangue inzuppa gli stracci [2].

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questo elemento tornerà più volte, diventando quasi un’immagine simbolo. Segue una sequenza notturna in automobile [3]  che qualcuno ogni tanto definisce “lynchiana”, se non fosse che Velluto blu è di ben due anni successivo a Sangue facile e che se un debito artistico c’è (e io credo che ci sia) è inverso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Di colpo Ray, alla guida, vede qualcosa dietro di lui che lo turba profondamente, arresta l’auto e si precipita fuori, allontanandosi terrorizzato. Si ferma solo quando ha raggiunto una distanza di sicurezza. Ripreso il controllo di sé, torna verso il veicolo abbandonato. Sul sedile posteriore, Julian non c’è più, sono rimaste solo delle scure macchie di sangue (che diventeranno in seguito un elemento chiave della narrazione) [4].

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ray gira attorno all’automobile e vede il suo vecchio datore di lavoro che si trascina sull’asfalto. Non è morto, evidentemente. Il nostro protagonista risale in auto, con l’intenzione di abbandonare il rivale in mezzo alla strada. Ma poi ci ripensa, forse per uno scrupolo di coscienza, forse per paura delle conseguenze in caso quello dovesse sopravvivere. Allora scende di nuovo, armato di una pala che alza sopra la testa per dare a Julian il colpo di grazia [5].

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma, di nuovo, si ferma. Non riesce a fare qualcosa di così inumano. Per questo decide di seppellirlo vivo. Se lo carica in spalla (mentre quello gli tossisce altro sangue addosso) e lo porta in mezzo a un campo coltivato. Scava una fossa, ci scarica il corpo e inizia a ricoprirlo di terra. Julian, sempre più moribondo, estrae una pistola dalla tasca della giacca e, con mano tremante, la punta verso Ray [6], ma poi le forze gli vengono meno e perde i sensi. Ray finisce di seppellirlo. Poi va a dormire in auto mentre sorge l’alba.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il personaggio interpretato da Getz, fino a quel momento, è il “meno peggio” della galleria di mostri che i Coen ci hanno presentato e ha i suoi buoni motivi per essere felice della dipartita del suo capo (che ha cercato a sua volta di ucciderlo). Il fatto che decida di liberarsi del corpo per difendere se stesso e la sua compagna (una giovane e bella Frances McDormand) è un atto quasi giustificabile nell’economia della storia. Ma azione dopo azione, decisione sbagliata dopo decisione sbagliata, mostruosità dopo mostruosità, Ray scende sempre più a fondo nell’orrore e, come gli stracci e i sedili della sua auto, il sangue finisce per inzupparlo. Le cose, da quel punto in poi, non potranno che andare sempre peggio. Questa sequenza, come tutto il film del resto, è costruita per accumulo, una sorta di addizione di elementi tossici che, affastellandosi, portano alla dannazione eterna. Alla stessa maniera, però, questa specie di effetto valanga dell’orrore fa ol- trepassare allo spettatore la soglia del realistico per sprofondare nel grottesco. Si finisce a ridere senza volerlo in Sangue facile e quasi ci si sente in colpa. E i fratelli Coen sghignazzano mentre noi cerchiamo di trovare una bussola morale per capire come ci dovremmo sentire davanti al loro film. Un capolavoro.

Sangue Facile è disponibile in Dvd dal 18 aprile

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Foto: © RiverRoad Productions/Studiocanal

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