Brie Larson arriva davanti a noi avvolta in un accappatoio che lascia intravedere la tuta di Captain Marvel. Non moltissimo, ma abbastanza per paragonarla alle poche foto che fanno il giro del web.
Come ti senti ad essere la prima protagonista donna in un film Marvel?
«Sono contenta ma se devo essere onesta preferirei che non facessimo più queste differenze, le donne possono fare tutto quello che fanno gli uomini, a volte di più. Il vecchio modo di pensare è sbagliato, comunque parlarne fa bene, è un’occasione in più per rinforzare il concetto “power to the women”».
Venendo dal cinema indipendente, cos’hai pensato quando ti hanno offerto questo ruolo?
«Che la mia vita sarebbe cambiata per sempre: non solo per me, ma per la mia famiglia, il mio ragazzo, tutti i miei amici. Devo ringraziare Marvel che mi ha lasciato del tempo per decidere, è stato molto difficile accettare, ho dovuto rifletterci su, anche perché sono una introversa e scegliere di trovarmi in una posizione dove vengo costantemente osservata e giudicata va contro la mia natura. Ad alcuni attori piace la costante attenzione dei media e dei fans, io lo vivo solo come un problema, non voglio diventare famosa».
Cosa ti ha convinta?
«La storia, il personaggio e quello che rappresenta. Dopo aver interpretato Short Term 12 (diretto da Destin Daniel Cretton, lo stesso di Il castello di vetro, ndr) ho girato parecchi festival, all’estero è piaciuto molto. Ho capito che con il mio lavoro potevo avere un impatto positivo sulla vita della gente, ma nel caso dei film indie raggiungi solo un pubblico specifico che ama questi tipi di film. Invece Captain Marvel arriva dappertutto. Credo che il mio scopo nella vita sia quello di creare, facendolo secondo il mio sistema di valori, rimanendo fedele ai miei principi. Forse era destino che arrivassi fin qui proprio per fare questo film, per trasmettere un messaggio positivo a tutte le donne, a tutte le bambine che hanno dei sogni e che possono capire che è possibile realizzarli. Voglio continuare a raccontare delle storie e allo stesso tempo rimanere una persona che ha una vita “normale” senza essere costretta a vivere in una bolla isolata dal resto del mondo».
L’intervista completa è pubblicata su Best Movie di febbraio, in edicola dal 30 gennaio
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