Il vero Ken il Guerriero
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Il vero Ken il Guerriero

Esiste un film live action di Kenshiro americano così brutto che in Italia ha visto la luce solo 19 anni dopo la sua realizzazione

Il vero Ken il Guerriero

Esiste un film live action di Kenshiro americano così brutto che in Italia ha visto la luce solo 19 anni dopo la sua realizzazione

Periodo strano gli anni ’90 per i cinecomics. Ci fu una curiosa corsa a portare sullo schermo tutta una serie di nomi improbabili, tra vecchi eroi dimenticati (Phantom, The Shadow, Rocketeer) e strambi successi underground (Il corvo, Tank Girl, Barb Wire).

A quest’ultima categoria, vista la scarsa diffusione negli Usa, appartiene anche Ken il guerriero. Una cosa semi-improponibile oggi: un fantasy post-apocalittico che univa Mad Max a una visione tutta sua delle arti marziali, mitologica, surreale e splatterosissima. Popolarissimo nel nativo Giappone e stratosferico anche in Italia per l’affinità in anticipo coi tempi che dimostrammo in generale verso le opere che provenivano da quelle zone, si trattava per Hollywood di una scelta non scontata. E infatti il progetto Fist of the North Star partì nel 1995 ai margini di Hollywood, con produzione povera e indipendente.

L’appeal, secondo chi ci stava mettendo i soldi, stava nell’intercettare i fans dei film di arti marziali, e questo si rifletté nella scelta del protagonista: Gary Daniels, inglese, ex-campione mondiale di kickboxing che aveva fatto gavetta facendo lo sgherro nei film di Hong Kong – l’equivalente cinematografico dei Navy Seals o della Tana delle Tigri, la prova del fuoco per chiunque voglia intraprendere il mestiere di picchiatore su grande schermo là dove hanno le maggiori esigenze e le condizioni più dure.

Gary si era fatto notare con il miglior diploma di laurea possibile: uno scontro con Jackie Chan. Uno dei più famosi, anche se per il motivo sbagliato: è nell’adattamento di City Hunter, ed è la scena virale in cui Jackie prende la scossa da un cabinato di Street Fighter e da lì lui e Gary imitano i personaggi del videogioco. Il resto del cast vede Malcolm McDowell come unico nome di un certo livello, a meno che non vi ricordiate di Costas Mandylor (nel ruolo di Shin) tra i protagonisti dei sequel di Saw.

L’ambizione scenografico-effettistica fa sì che venga scelto un regista a suo agio con queste cose: Tony Randel, fresco di Hellraiser 2, ma a digiuno di action e si vede lontano un miglio. Si gira nelle Filippine e le condizioni sul set sono terribili. Lo sappiamo perché esiste un’incredibile featurette giapponese che ce lo mostra: Gary Daniels che si porta sconsolato i panini da casa, Malcolm McDowell che si lamenta che non fanno più film originali come quando era giovane, il coreografo che litiga col regista facendo saltare la scaletta, Costas Mandylor che dorme, aria di scazzo generalizzato. Sono momenti incredibili, che solo la mentalità alla “tanto è uno special giapponese, non lo guarda nessuno” ha permesso che venissero girati e pubblicati.

La reporter locale, che narra comunque il tutto come se fosse un eccitante sguardo ai fantastici ingranaggi di Hollywood, è la ciliegina sulla torta. Il film risultò talmente brutto che in Italia, uno dei suoi mercati di maggiore appeal, non fu nemmeno distribuito, per poi essere trasmesso su Rai4 in prima visione assoluta nel 2014 col titolo Il ritorno di Kenshiro. Ma perché vi parlo di tutto questo? L’altro giorno mi imbatto su YouTube in una vecchia partita di calcio della nazionale delle Filippine, e scopro che il loro centravanti si chiama Kenshiro Daniels.

Buffa coincidenza, penso.

Indago e scopro che no, non è una coincidenza: è il figlio di Gary Daniels. Che si innamorò di una ragazza locale mentre girava Fist of the North Star e chiamò il figlio come il personaggio che stava interpretando. È una storia bellissima. È come se il figlio di Stallone si chiamasse Rocky. È come se il figlio di Robert Downey Jr. si chiamasse Iron Man. È come se il figlio di Jared Leto si chiamasse Morbius, così, perché il film non era ancora uscito e non poteva saperlo.

Gary dice che lui e la madre lo chiamavano affettuosamente così, un po’ per scherzo, quando non era ancora nato, e che al momento buono furono colti in contropiede senza un’alternativa pronta. Ventinove anni dopo (tenetevi stretti, sentite che gran finale) Kenshiro coglie ancora la gente in contropiede, ma su un campo da calcio. Magari urlando al portiere il noto tormentone “Sei già morto”. Olè!

 

© Shutterstock (1) FX Network, Brad Falchuk Teley-Vision, Ryan Murphy Productions (1) First Look International, NEO Motion Pictures,Overseas FilmGroup (2)

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