Lo sappiamo tutti: quando un film ha successo, Hollywood cerca di replicarne la formula. Finché sbanca con roba come, ad esempio, Taken (del 2008 con Liam Neeson), è facile: più film d’azione con vecchie insospettabili glorie! Più film con attori che una volta avevano una dignità, persino dei premi importanti, e ora si riducono a strappare copioni di mano a Steven Seagal! A volte va bene (John Wick con Keanu Reeves), a volte no: nessuno, per fortuna, ricorda The Gunman con Sean Penn. E dire che era pure lo stesso regista di Taken!
Ma, hey, i film sono fatti di tanti ingredienti: magari può sembrare che basti replicarne un paio, e invece no. Non basta unire pomodoro e mozzarella, se poi sopra ci metti l’ananas. Altre volte succede che un film fa veramente tanti, tanti, tanti soldi, e magari di spunti ne offre diversi. Cominci a replicarne i più ovvi e… funzionicchia, ma non allo stesso livello. E allora ti chiedi: le hai davvero provate tutte? Prendiamo questa pellicola del 1985 intitolata Ritorno al futuro. Grande, amatissima saga. Incassi fuori scala. Le idee, dopo il primo capitolo, erano chiare: più commedie a sfondo fantastico! Più storie avventurose per adolescenti! Più viaggi nel tempo! Più Michael J. Fox! No? Che altro? Più revival anni ’50! Giusto, ovvio. Davvero mille spunti.
Ma io pensavo a un altro aspetto che aveva molta importanza nella trama di Ritorno al futuro. Dopo 40 anni, possiamo parlarne con serenità. Insomma, avrei voluto essere a una di quelle riunioni che si sono tenute a Hollywood in quel periodo in cui qualcuno, alzando timidamente la mano, o appiccicando un post-it anonimo sulla lavagna durante una sessione di brainstorming, ha sicuramente detto: “quella cosa di lui che deve respingere le avances di sua madre e a un certo punto se la limona”. È stato detto. 100%. Oh, c’è poco da fare, è il fulcro della suspense narrativa del film subito dopo il dover tornare indietro nel futuro. Chissà, del resto, che sondaggi giravano all’epoca ai test screening: “Esprimi il tuo gradimento alla tensione sessuale tra madre e figlio adolescente con un voto da 1 (per nulla gradita) a 10 (a mani basse la cosa migliore del film). E com’è invece quella scena in cui Biff finisce nel camion del letame? Lo consiglieresti a tutta la famiglia?”. Il punto è: non ve lo sto dicendo tanto per ridere. Ve lo sto dicendo perché Hollywood lo sa: incartala giusta, e puoi vendere qualsiasi cosa a chiunque. Per cui sì, dopo il successo di Ritorno al futuro ha esplorato anche quel lato: il lato “film per famiglie il cui motore narrativo consiste in un argomento estremamente tabù, seppellito subdolamente da così tanti livelli di ingenua spensieratezza da non farvelo sembrare nemmeno inappropriato”.
Qualcuno ha davvero pescato il postit più coraggioso alla sessione di brainstorming. Qualcuno ha realmente pensato “questo potrebbe intercettare un trend”, e ci ha investito dei soldi. E a caricarsene la responsabilità fu Emile Ardolino, regista di spettacoli danzanti e vincitore di un Oscar per un documentario su Jacques d’Amboise di Sette spose per sette fratelli. Voi lo conoscete per un altro successo immortale di quel periodo: Dirty Dancing. Uno strano caso del 1989, invece, parla di un uomo che muore in un incidente, si reincarna nel giovane e simpaticissimo Robert Downey Jr., e subisce le avances della tanto dolce e carina Mary Stuart Masterson che però si scopre essere sua figlia dalla vita precedente. Segue romantica ed esilarante commedia degli equivoci! Fu letteralmente il suo primo film dopo Dirty Dancing, e il primo che non aveva niente a che fare con la danza.
Le critiche furono tutto sommato positive, gli incassi purtroppo non altrettanto. La volta successiva in cui ci siamo ritrovati davanti a uno spunto simile era il 2003, ed era un film coreano intitolato Old Boy: tutt’altro genere. Se a qualcuno può interessare un intero libro su questo argomento, intitolato “100 filoni che ha esplorato Hollywood prima di cedere e provare ad ascoltare anche donne o minoranze etniche“, contattatemi.
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