In attesa di qualche sorpresa dell’ultimo minuto, il Festival di Cannes ha proposto in concorso gli ultimi due grossi calibri della rassegna. Stiamo parlando di Fair Game di Doug Liman e Route Irish di Ken Loach, due riflessioni politiche sul mondo occidentale dopo l’11 settembre.
Le previsioni della vigilia sono state ribaltate: mentre Liman, regista abituato all’azione, ha proposto un dramma familiare concentrato sui dialoghi, nel quale le conseguenze della politica internazionale vengono vissute solo di riflesso, Loach ha confezionato un thriller d’indagine e una storia di vendetta ricca di momenti di tensione.
Fair Game (nella foto) racconta la storia vera di Joe Wilson e Valerie Plame. La coppia, lei è un’agente della CIA sotto copertura e lui un diplomatico (Naomi Watts e Sean Penn), fu impegnata, tra il 2002 e il 2003, a indagare su una presunta partita di uranio proveniente dalla Nigeria e diretta in Iraq. Ma quando le loro conclusioni andarono in direzione opposta a quanto i vertici si aspettevano (non esistevano prove della produzione di armi di distruzione di massa), vennero entrambi dapprima licenziati, poi privati della loro copertura, infine additati come traditori. La loro resistenza, operata attraverso i media, fu inizialmente timida, poi più convinta, ma mise a rischio il loro stesso matrimonio.
Di tutt’altro segno il film di Loach, che si concentra sul mondo dei mercenari assoldati dagli eserciti occidentali per la guerra in Iraq. La Route Irish del titolo è la strada che porta dalla Green Zone all’aeroporto di Baghdad, ed è considerata il percorso più pericoloso del mondo. Qui perde la vita Frankie, amico d’infanzia di Fergus, che l’ha convinto alcuni anni prima a diventare una guardia in un’organizzazione che si occupa di sicurezza privata in Medio Oriente. Fergus inizia allora un’indagine privata per scoprire chi ci sia dietro la morte del compagno. Quando viene in possesso di un video in cui si assiste all’omicidio di un gruppo di civili innocenti, il quadro comincia a farsi più chiaro: probabilmente Frankie ha visto qualcosa che non doveva vedere e ha deciso di non tenere la bocca chiusa.
Il film di Loach segue la detection del protagonista quasi fosse un giallo in piena regola, per poi trasformarsi nell’ultima mezz’ora, quando i nodi vengono al pettine, in una violenta storia di vendetta privata. L’obiettivo è quello di denunciare l’esistenza e il codice di comportamento di questi corpi speciali prezzolati, spesso incontrollabili perché esterni alle gerarchie e alle regole degli eserciti che li assoldano. Loach non rinuncia dunque al suo cinema di impegno civile, ma confezionandolo in questo caso come un vero e proprio action, e realizzando così uno dei film a maggior potenziale commmerciale di tutta la sua lunga carriera.
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