Cannes 2011: Harakiri, onore e tragedia nei samurai di Miike Takashi
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Cannes 2011: Harakiri, onore e tragedia nei samurai di Miike Takashi

L'ultima opera del regista di Yattaman e I 13 assassini mescola tragedia greca, duelli, fotografia storica di un Paese e mito

Cannes 2011: Harakiri, onore e tragedia nei samurai di Miike Takashi

L'ultima opera del regista di Yattaman e I 13 assassini mescola tragedia greca, duelli, fotografia storica di un Paese e mito

Remake di Harakiri del 1962 e tratto da un romanzo di Yasuhiko Takiguchi, l’ultima opera di Miike Takashi in concorso al Festival di Cannes è un film drammatico in grado di parlare a tutti. Harakiri, morte di un samurai, narra la storia di Hanshiro, un ronin, così si chiamano i guerrieri caduti in disgrazia e senza più padrone, che fa richiesta di poter commettere il suicidio tradizionale, harakiri appunto, nel giardino del nuovo signore della provincia. Il quale è convinto di trovarsi di fronte all’ennesimo bluff: sono diversi i ronin che si presentano con tale richiesta, nella speranza di essere dissuasi, di ricevere un’elemosina o addirittura un impiego. Una moda che il signore del luogo ha deciso di stroncare costringendo al suicidio l’ultimo bluffatore due mesi prima. Ma Hanshiro è li’ per motivi molto diversi che espone al suo signore raccontando la sua tragica storia attraverso una serie di flashback: il ronin costretto al suicidio era suo genero in cerca disperatamente di denaro per salvare moglie e figlio malati.
Girato in un dannoso 3D che lo rende buio e dai colori piatti, Harakiri è raccontato con i ritmi lenti di un cinema del passato e mette in scena il solito modo enfatico e teatrale di recitare di un certo cinema giapponese. È però anche un film perfetto nella sua costruzione tecnica e narrativa, dove ogni elemento non è mai gratuito e con il grande pregio di mettere in scena tragedia greca, duelli, fotografia storica di un Paese e mito. Perchè la lettura più attenta del film non può ignorare che Hanshiro non è in cerca di vendetta, ma piuttosto di provare a mostrare al suo signore quanto parole come “onore” perdano significato se confrontate con certe dure realtà del quotidiano. E questo fa del personaggio una specie di rivoluzionario se lo si contestualizza in un Paese che fa dei rituali e delle tradizioni un sistema e un modello di vita, che fino al 1800 con l’arrivo dei portoghesi è sempre vissuto chiuso in se stesso e che si trascina questo retaggio fino ai giorni nostri. Da questo punto di vista Harakiri è un film non solo di grande attualità, ma anche tremendamente intelligente.

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