Dopo Il profeta, Jacques Audiard torna sulla Croisette con un’altra storia intrisa di forza e fragilità, violenza ma anche amore. Quello che lentamente nasce tra Stéphanie (Marion Cotillard) e Ali (Matthias Schoenaerts), un’addestratrice di orche che ha perso entrambe le gambe in un incidente e un padre rimasto solo con il figlio, che cerca di sopravvivere grazie all’aiuto della sorella e a incontri clandestini di pugilato.
Rust & Bone (in originale De rouille et d’os) trae ispirazione dai racconti di Craig Davidson, ma ne conserva solo l’atmosfera e l’ambientazione, come ha spiegato questa mattina il regista in conferenza stampa. «I due protagonisti sono stati completamente inventati, perché volevamo dare vita a una storia d’amore ricca di luce e di sole, inesistente nel testo originale, a cui siamo rimasti fedeli a livello formale ma non di contenuto. Per trovare la luminosità che cercavo siamo venuti proprio qui, sulla Riviera francese, ad Antibes. E visto che eravamo così vicino ho pensato che sarebbe stato carino bussare al portone di Cannes e provare ad entrare nell’edizione di quest’anno».
Una pellicola intensa, che ha richiesto un forte coinvolgimento degli attori per dare vita ai rispettivi personaggi, soprattutto a livello fisico. «Ho dovuto usare la mia immaginazione per riuscire a comportarmi come una paraplegica» ammette Marion Cotillard, costretta a recitare per buona parte del film su una sedia a rotelle. O a simulare la camminata lenta e meccanica causata dalle protesi con cui le sue gambe sono state sostituite in CGI. «Non gliele ho tagliate – scherza Audiard – semplicemente le abbiamo applicato dei dispositivi che permettevano di cancellare parte della gamba al computer, dando un effetto molto realistico. Oggi è possibile creare degli effetti speciali impressionanti grazie a una tecnologia che si è evoluta moltissimo. Dieci anni fa non avrei potuto girare questo film». E se Marion, per via delle protesi, si è aggiudicata l’appellativo di Robocop (così la chiama affettuosamente Ali), Matthias Schoenaerts si è dovuto trasformare in un vero e proprio Rambo: «Mi sono allenato a lungo prima delle riprese con Olivier, il coreografo delle scene d’azione. È stata dura, ma ne è valsa la pena. Hollywood mi ha già proposto Rambo 34, ma io ho detto che avrei accettato solo se mi avessero fatto fare anche il 35 e il 36» scherza. «Mi ricordo – continua la Cotillard – che quando ci siamo trovati per la prima volta insieme per leggere il copione sono rimasta molto colpita dalla sua enorme schiena. Non l’avevo mai incontrato prima, neppure in foto, ma quando ho visto quelle spalle, mi sono detta: “deve essere lui per forza”». «Io, invece – le fa eco Schoenaerts – mi ricordo della prima scena che abbiamo girato insieme. Quando sono arrivato sul set l’ho trovata sulla sedia a rotelle, dimessa, anzi, diciamo pure depressa, con il viso pallido e triste e mi sono detto: “così non può andare bene”. Solo dopo ho realizzato che lei era già entrata nel mondo di Stéphanie. Era già Stéphanie». L’attrice ha ammesso come non sia stato facile entrare in empatia con il personaggio: «Quando ho letto il copione ne sono rimasta travolta. E in genere quando accade questo riesco subito anche a sentire il personaggio. Ma questa volta non è stato così e l’ho detto subito a Jacques. Gli ho confessato che non avevo capito chi fosse veramente Stéphanie». Insieme sono andati a lavorare sulla sua forza, che nel caso di Stéphanie è interiore, mentre per Ali si tratta di una forza molto più fisica. «Il film – ammette Audiard – parla proprio di questo, di due persone che in una fase critica della loro vita trovano nella propria forza un’ancora di salvezza». «Del resto, tutti nella vita condividiamo un istinto di sopravvivenza così come la ricerca della felicità» spiega Matthias, che è stato scelto da Audiard dopo una lunga fase di ricerca di un non-professionista che potesse interpretare il ruolo di Ali conclusasi in un nulla di fatto. «Abbiamo girato diverse palestre, valutato molti pugili, ma nessuno mi ha mai convinto. Poi ho visto l’interpretazione di Matthias in Bullhead e ho subito avuto la certezza che lui fosse quello giusto». Mentre su Marion la scelta è stata più immediata e mirata: «Volevo lei, così abbiamo cercato di coordinare le riprese del film in modo da non sovrapporsi con i suoi impegni a Hollywood». Già, perché la Cotillard nel frattempo ha preso anche parte all’ultimo capitolo della trilogia di Batman by Christopher Nolan, alias Il cavaliere oscuro – Il ritorno. «Naturalmente amo questi grossi progetti, così come amo poter lavorare con un maestro come Jacques. Il cinema hollywoodiano e quello francese sono completamente differenti per molti aspetti, soprattutto tecnici. Ma uno non è migliore dell’altro per me. Così come a Hollywood Nolan lavora in maniera differente da Michael Mann. Ogni avventura ha il suo capitano e ogni avventura è diversa. Io oggi sono qui, orgogliosa di avere al mio fianco un grande capitano». (Foto Getty Images)
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