Hai mai ammazzato qualcuno? È una cosa imbarazzante. Piangono, supplicano, si pisciano addosso, chiamano la mamma. Io preferisco ammazzarli con dolcezza, da lontano.
Cogan (Brad Pitt) lavora per la mafia, dà una mano a inquadrare le situazioni, suggerisce, pedina, ammazza. Quando un match di poker organizzato dalla malavita finisce nel mirino di due balordi, prima si dedica all’intermediario della partita (Ray Liotta), pur sapendo che è innocente, poi chiude i conti con i responsabili. Dritto al punto, liscio come l’olio: vuole solo i suoi soldi, ma su quelli non ci sono discussioni. Intanto radio e TV raccontano il crollo delle borse, l’economia a picco, l’elezione di Obama, i suoi slogan progressisti.
Chi l’anno scorso tirava in ballo a sproposito Tarantino dopo la proiezione di Drive, dopo Killing Them Softly di Andrew Dominik – in concorso a Cannes 65 – parlerà minimo di plagio: una pioggia di dialoghi spezzati da un pestaggio (lungo, terrificante) e tre omicidi (veloci: soft, appunto). Dominik sa quel che fa, e tutte le volte che decide di mettersi in moto, tira fuori dal cilindro un pezzo di bravura. Tra uno e l’altro lavora tranquillo per lo script, un metaforone sul capitalismo americano, che – dice – è peggio di tutto, pure della Mafia, parecchio peggio.
Consiglio: lasciate perdere la politica, e godetevi le voci, le facce (Richard Jenkins, James Gandolfini, e altri meno famosi), le strade bagnate, i pub al crepuscolo. Un western parlato, sull’asfalto, con le esecuzioni decise sui sedili di una vecchia Cadillac, i banconi macchiati di birra, e alberghi senza tante stelle. Cinema corroborante, in un Festival in cui persiste però il sospetto che nessuno degli autori abbia niente di importante da dire.
Nota: Sam Shepard c’è ma è come se non ci fosse, il suo film inizia e finisce con la clip di 45 secondi che gira in rete. La sensazione, in generale, è di tagli selvaggi su un primo montaggio molto più lungo.
Voto: 3/5
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