Questa volta non sono presenti come autori di un lungometraggio in concorso, ma il loro nome brilla ugualmente a lettere d’oro sulla Croisette. Sono stati proiettati infatti oggi, nella sezione Cannes Classic e in quella del fuori concorso, due biopic su due grandi rappresentanti della Settima Arte: Roman Polanski e Woody Allen.
Tra l’altro molto diversi tra loro, nonostante la natura documentaristica di entrambi. Woody Allen – A Documentary di Robert E. Weide e’ un ritratto partecipe, che in modo molto convenzionale, racconta vita e opere del maestro newyorchese. Si parte dalle sue foto da bambino, dal carattere solare che sembrava dimostrare fino ai cinque anni, fino a quando le domande fatidiche sul senso della vita hanno cominciato ad affliggerlo, come si raccontava emblematicamente in I Love Radio Days, ma lo hanno anche aiutato a sviluppare il suo senso dello humour unico e irripetibile.
Gran parte del doc e’ costruito a partire da scene memorabili dei suoi film, spesso commentate dagli attori protagonisti. Diane Lane, Josh Brolin, Naomi Watts, Scarlett Johansson & Co. contribuiscono tramite le loro interviste a dipingere un ritratto via via vivace e colorato del Maestro, focalizzandosi su aneddoti dai set e peculiarita’ del Metodo seguito dal grande Woody nel lavoro con gli attori, riassumibile in poche parole nel fingere di elogiarli, ma contemporaneamente spingerli a fare sempre di piu’.
Vengono mostrate anche delle splendide clip in bianco e nero dei tempi in cui era uno stand-up comedian e riempiva i locali del Village. Da Prendi i soldi e scappa, il primo vero e proprio successo di pubblico, fino a Midnight in Paris, da Il dittatore dello stato libero di Bananas a Match Point, passando per Manhattan e Broadway Danny Rose, gli attori piu’ noti di Hollywood commentano con passione uno dopo l’altro i suo capolavori.
Woody accoglie la macchina da presa anche nel suo studio personale, dove ancora oggi crea in tempi record le sceneggiature dei suoi film, battendo sui tasti della sua Olympia, leggermente scolorita, ma sempre funzionante, svelandoci anche i segreti molto rudimentali del suo mestiere – lui stesso li definisce cosi’- come, ad esempio, sovrapporre i pezzi sgrammaticati a quelli corretti, dopo averli graffettati. C’e’ spazio, ovviamente per il lato piu’ umano e privato, e quindi per analizzare la parte piu’ nera della sua vita: quella demonizzazione mediatica seguita al divorzio da Mia Farrow e al matrimonio con la figlia adottiva di lei Soon Yi.
Ne emerge un ritratto completo (a tratti un po’ noioso), che si anima ogni volta che la macchina del protagonista si concentra sul suo soggetto principe e ne coglie qualche folgorante battuta.
Di tutt’altro stampo l’opera dedicata al regista di Carnage. Roman Polanski: a film memoir (in uscita per Lucky Red e Feltrinelli) di Laurent Bouzearau, amico intimo del regista. Piu’ che un racconto, il film e’ una chiacchierata informale e molto confidenziale tra il regista-intervistatore e Polanski, la cui location e’ la casa svizzera, in cui il soggetto del biopic era agli arresti domiciliari, che piu’ che sull’opera cinematografica si concentra sul racconto della sua vita tormentata, cercando di gettare una luce sugli aspetti piu’ oscuri e controversi.
Il cineasta rievoca l’infanzia felice a Parigi dove e’ nato, l’errore fatale della sua famiglia di decidere di tornare a vivere in Polonia, il Ghetto di Varsavia, l’arresto dei genitori, la morte della madre, la salvezza del padre e della sorella. E un episodio della sua vita molto traumatico, poi inserito ne Il Pianista, quando in seguito a quattro giorni passati a combattere contro i morsi della fame trovo’ in un casa un vasetto di cetrioli (rivelatosi ovviamente buonissimo), esattamente come avviene ad Adrien Brody nel film. Del Pianista tra l’altro aggiunge che vorrebbe fosse “il film per cui essere ricordato nella vita”.
Ovviamente il documentario si concentra con particolare attenzione sull’aspetto piu’ controverso e complesso della vita di Polanski, quella denuncia per stupro che ancora oggi condiziona pesantemente la sua esistenza. Sono passati ormai molti anni da quel drammatico evento, di cui il regista di Carnage, ancora oggi si scusa. Nel film sono anche mostrate le interviste della vittima, che oggi ha trentatre’ anni, sui canali tv Usa, in cui la donna sostiene che, nonostante il male di cui e’ stata vittima allora, le conseguenze sulla vita del suo carnefice sono state eccessive. Emerge anche il profondo sospetto cheil giudice che all’epoca condusse il processo fosse stato corrotto per danneggiare il regista. Si presentano anche come prova le perizie psichiatriche di allora che evidenziavano l’assenza di disturbi psichici o di tendenze violente in Polanski. Che, tra l’altro, nel film non riesce a trattenere il suo sdegno rispetto alla stampa che – a suo parere – ha fatto del vero e proprio sciacallaggio sulla sua vita privata. Il suo memoir, accorato e partecipe, sicuramente parziale, dipinge un’esistenza tormentatissima, avventurosa e da fuggiasco, che ancora oggi non riesce a trovare pace.
Due vite molto diverse quelle di Roman e Woody, con in comune un immenso amore per il cinema.
Foto: Kikapress
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