I fatti, veri. Jimmy Picard (Benicio Del Toro) è un indiano Blackfoot, nativo americano reduce dalla Seconda Guerra Mondiale. Vive con la sorella più grande in un ranch, ed è soggetto ad attacchi di cecità, perdita dell’udito, dislessia. Ricoverato in un ospedale militare psichiatrico, viene diagnosticato fisicamente sano, ma schizofrenico. L’equipe medica non è però del tutto convinta: si riconosce il gap razziale – i costumi e i modi particolari dell’uomo – come ostacolo alla comprensione dei suoi problemi. Con prassi senza precedenti, viene allora convocato da New York Georges Devereux (Mathieu Amalric), un antropologo europeo specializzato nella cultura degli Indiani del Mojave, con i quali ha vissuto nel deserto per due anni. Il rapporto analista-paziente che si crea tra i due segna la nascita della “etno-psichiatria”.
La fama di questa relazione deriva anche dalla pubblicazione di un libro – Reality and Dream, dello stesso Deveraux – nel quale l’intero percorso di analisi è trascritto nei dettagli, seduta per seduta, caso più unico che raro. Nella prefazione, Elizabeth Roudinesco descrive in modo pertinente il modo in cui Deveraux era considerato dalla comunità scientifica: “troppo freudiano per gli antropologi, troppo etnologo per gli psicoanalisti e non abbastanza psichiatra per curare la malattia mentale”.
Si capisce facilmente come un testo del genere possa aver “ingolosito” Arnaud Desplechin, quotato autore francese, che lo ha trasformato in una partitura quasi-teatrale per due (grandi) attori, arricchendo il quadro con i sogni e i ricordi di Jimmy; ricordi dell’infanzia e della guerra, in cui era finito vittima di uno stupido incidente stradale – origine dei suoi disturbi – prima di essere rimpatriato. La messa in scena – ordinata, quieta – è totalmente al servizio di questo diario psicanalitico, e di una seduta psicanalitica segue i ritmi e risponde ai toni, smussando gli spigoli drammaturgici che questo genere di film presenta di solito (la conflittualità è tutta sotto traccia, non pervenuta, e il rapporto assistente-assistito evolve impercettibilmente). Si naviga quindi a vista, scoprendo via via il passato di Picard – l’infanzia con la sorella/madre, i primi assaggi della sfera sessuale, il disagio appiccato dallo scontro tra le tradizioni religiose Blackfoot e l’educazione cattolica, la figlia non riconosciuta, la morte improvvisa della ex-moglie – e le sue possibilità di costruirsi un futuro senza disagio, che passa anche dalla difficoltà di conciliare la propria fede con l’approccio razionalista del dottore (“lei mi sta facendo dubitare della mia fede dottore, e io ho conosciuto solo un ateo in vita mia: era un ladro e un ubriacone”).
Come si può intuire, la materia è impegnativa, e non si ricorre a veri e propri trucchi per arricchirla. Un dato che è un pregio ma anche un difetto, perché latitando il coinvolgimento, latita l’empatia. Piacerà probabilmente a chi si interessa delle materie coinvolte, e a chi ama affondare nella parola, scritta e recitata, anche al di qua della griglia delle emozioni.
Qui sotto il trailer del film.
http://youtu.be/zjTDGjmJOxc
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