Chi lo liquidasse come una storia d’amore lesbo, commetterebbe un peccato mortale. La vie d’Adèle è un romanzo di formazione fiume (3 ore che scorrono senza accorgersi) che scava nella carne e nei sentimenti alla ricerca della spontaneità. Dietro la macchina da presa c’è Abdellatif Kechiche, cittadino francese di origini arabe amatissimo per Cous Cous, che con questo nuovo film fa dimenticare il passo falso del debordante Venere nera.
Adele ha 16 anni e non sa ancora nulla dell’amore. Prova a frequentare un ragazzo, ma con scarso successo, capisce cosa vuole quando le gira la testa in seguito all’incontro con una misteriosa ragazza dai capelli blu. Da quel preciso momento, non può più mentire a se stessa, lascia il boyfriend e per caso incontra l’oggetto delle sue fantasie in un bar lesbo, entrando così nella vita adulta.
Sebbene involontariamente (il progetto è molto precedente) cavalchi l’onda della recente ufficializzazione delle nozze gay in Francia, La vie d’Adèle non è un manifesto omosex, ma l’emozionante racconto di una storia d’amore come tante – come tutte -, di cui vengono mostrate le varie fasi, nella quale non si risparmia un solo clichè amoroso e senza nascondere nulla, senza trascurare alcun dettaglio dei lunghi e focosi incontri sessuali tra le due. Ma non c’è nessuno scandalo, solo l’esplorazione sincera della passione femminile, tanto da aver convinto persino il sito di Radio Vaticana che ha tessuto le lodi del film.
Una sincerità totale quella del sentimento che avvince Adele ed Emma, che è merito soprattutto delle sue giovani protagoniste – la rivelazione Adele Exarchopoulos e Léa Seydoux (già conosciuta nel cinema d’autore) -, bellissime e magnetiche. Il loro coinvolgimento totale rispetto al progetto, il loro naturalismo recitativo e la regia sapiente di Kechiche impediscono alle scene erotiche di essere mai volgari. Semmai sono piene di delicatezza, come se l’autore cercasse di catturare la magia del loro amore, immortalando la bellezza di quei corpi avviluppati quasi fossero opere d’arte, accostandosi ai volti persi nel piacere con lunghissimi primi piani e usando più di una macchina da presa.
Adele vuole solo Emma, ma una bugia le sarà fatale, la crisi della coppia, però era già dietro l’angolo, minata alla base dalle differenze di classe sociale e cultura: Emma vuole diventare una grande artista, è ambiziosa, libera e radical chic. Adele è pragmatica, ama gli spaghetti, vuole fare la maestra, sogna dei bambini e non trova tante differenze tra Sartre e Bob Marley. La ragazza, ormai cresciuta, non se ne farà una ragione, compiendo così l’intero arco sentimentale di una relazione: dalle vette della fusione fino alla solitudine e ai cocenti rimpianti, specie quando incontrerà Emma al vernissage di una sua mostra in cui è esposta un’opera che la ritrae, eco straziante di un amore definitivamente perduto.
Ispirato a Marivaux e alla graphic novel di Julie Maroh, La vie d’Adele elegge Kechiche a maestro dell’esplorazione psicologica e sentimentale. Per chi scrive (tra molti) è il più degno candidato alla Palma d’Oro 2013.
Qui sotto una breve clip del film:
http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=zIb8Y0uG0o0
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