È teso Guillaume Canet quando entra nella sala della conferenza stampa ufficiale. Le recensioni del suo film Blood Ties (guarda le immagini del photocall) sono quasi delle stroncature, specie quelle internazionali, da Hollywood Reporter a Variety ci sono andati giù pesanti, ma era facile intuirlo dopo la prima proiezione stampa di ieri sera alla Sala Bazin, dove nessuno ha applaudito. Arriva accompagnato da tutto il supercast del film, l’attore e regista francese: oltre alla moglie Marion Cotillard, sono presenti Clive Owen, Billy Crudup, Zoe Saldana, James Caan, Noah Emmerich.
IL NOSTRO GIUDIZIO SU BLOOD TIES
Il film avrebbe tutte le carte in regola per essere un buon poliziesco anni ’70, alla Lumet e alla Peckinpah, i modelli che Canet si è prefisso di emulare: un ottimo cast, un ottimo sceneggiatore e una bella storia di riferimento (è il remake di un film francese del 2007), ma il film è inerte e non si comprende il senso dell’operazione remake, se non motivandolo con l’ambizione personale. Blood Ties rifà in terra statunitense e precisamente a Brooklyn, un polar francese – Les Liens du sang di Jacques Maillot del 2007-, ispirato alla storia vera di due fratelli, uno poliziotto, l’altro criminale. Peccato che il film non decolli mai e ci metta quaranta minuti più dell’originale per dire le stesse cose. Una pellicola il cui intreccio è telefonatissimo, non tanto per l’esistenza di un originale (semisconosciuto da noi), ma per la scontatezza di un plot che è talmente prevedibile nel suo perseguire i clichè del genere, da sembrare ingenuo. L’altro grosso problema è che, nonostante metta in scena le difficoltà di relazione tra due fratelli che più diversi di così non possono essere – con tutti i rancori e i risentimenti che questo comporta – non riesce mai a grattare oltre la superficie. L’unica motivazione a una simile operazione sta nell’ambizione personale del regista, che dopo diversi riconoscimenti in patria, ambiva al lancio Oltreoceano, forse anche per una sorta di parificazione rispetto alla carriera esterofila della compagna Marion. Ma qua si azzardano interpretazioni personali, per cui torniamo alla cronaca della conferenza.
PER FAVORE, NON SPARATE AL REGISTA
Le domande dei giornalisti sono tutte accomodanti, nessuno ha il coraggio di infierire, ma non scatta l’applauso spontaneo quando vengono nominati uno per uno gli attori, secondo il ritual cannense.
Riguardo alla collaborazione col grande regista James Gray (Two Lovers, I padroni della notte), che ha prodotto e cosceneggiato con lui il film, il regista-attore ha dichiarato: «Cercavo qualcuno che conoscesse molto bene New York e immaginavo che la mia storia si sarebbe svolta a Brooklyn e lui si e’ dimostrato il più disponibile».
Rispetto al fatto di lavorare in una grossa produzione Usa e quindi con un sistema di lavoro completamente diverso da quello francese, Canet ha detto: «La cosa più difficile era dover lavorare con un traduttore. Anche se io, fondamentalmente, mi sono appoggiato alla mia equipe abituale, con cui ho creato un rapporto di tale fiducia reciproca da potermi fidare completamente». Ha poi aggiunto: «Il vero problema sono i tecnici puri, gli operatori di macchina, che sono abituati a lavorare su tanti fronti diversi, come i Tv Show, stanno due-tre giorni sul set e poi vanno via e ci sono anche le regole assurde sui figuranti. Solo l’assistente alla regia può parlare con il figurante, che è veramente assurdo quando stai girando una scena con Clive Owen e dei figuranti e puoi rivolgerti a lui, ma non a loro. E poi c’è questa montagna di autorizzazioni burocratiche che bisogna ottenere per girare da qualsiasi parte a New York ed è roba da diventare matti. Però ho avuto un cast di grandi attori tutti molto disponibili e ho sentito il loro affetto e la loro complicità durante la lavorazione e questo mi ha rassicurato molto».
CLIVE E MATTHIAS: MACHI CON L’ANIMA
Clive Owen, interrogato a proposito del casting, ha raccontato che all’epoca di I figli degli uomini, Alfonso Cuaron gli aveva presentato Canet, dicendogli: «Di lui ti puoi fidare; è un bravo ragazzo e un bravo regista. Quindi, quando lui mi ha sottoposto il copione non ho potuto che accettare».
Anche la Cotillard, forse più tesa dello stesso compagno, è tutta un elogio per lui: «Ho amato lavorare per Guillaume in Piccole bugie tra amici. Mi piace il modo in cui dirige gli attori, con quella confidenza e quella professionalita’ tipiche del suo carattere».
Il regista è stato interrogato anche riguardo alla scelta dell’attore belga Matthias Schoenharts per il ruolo del marito violento e galetto della Saldana. Canet ha raccontato: «Ho conosciuto Matthias mentre girava Ruggine e ossa di Audiard con Marion e lei me ne parlava tutti i giorni, perché la loro è stata una collaborazione molto intensa. Io avevo bisogno di qualcuno come lui, che avesse carisma e personalità; una capacità seduttiva mista a violenza. Esattamente come Clive…».
MARION ALL’AMATRICIANA
Un giornalista italiano fa i complimenti alla Cotillard per le frasi pronunciate in italiano nel film (con tanto di parolacce) e lei si rilassa di colpo: «Sapesse che sollievo sentirmi fare questo complimento. Sono completamente incapace di parlare italiano, ma alla fine Guillaume mi ha convinto del fatto che dava maggiore caratterizzazione al personaggio e così mi sono data veramente da fare, ma è stato così stressante». A proposito di Piccole bugie…
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Qui sotto due immagini scattate durante la conferenza stampa:
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