Cannes 2013: nessuno tocchi il pedofilo, Takashi Miike contro la giustizia fai-da-te in Shield of Straw
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Cannes 2013: nessuno tocchi il pedofilo, Takashi Miike contro la giustizia fai-da-te in Shield of Straw

L'autore giapponese in concorso con un action-thriller dal forte messaggio politico

Cannes 2013: nessuno tocchi il pedofilo, Takashi Miike contro la giustizia fai-da-te in Shield of Straw

L'autore giapponese in concorso con un action-thriller dal forte messaggio politico

Kiyomaru è un pedofilo, assassino e recidivo. La sua ultima vittima, una bambina di sette anni, è la nipotina di Mr.Ninagawa, un anziano multimilionario che distrutto dal dolore non ci pensa due volte a mettere una taglia da un miliardo di yen sulla testa dello psicopatico. La strategia funziona, e Kiyomaru, per salvarsi il collo, è costretto a consegnarsi alla polizia di Fukuoka. Da qui, entro 48 ore, una scorta di 5 uomini dovrà portarlo fino a Tokyo, dove verrà giudicato. Mica facile: dai vertici delle istituzioni, fino all’ultimo dei miserabili in cerca di riscatto sociale, passando per la Mafia, sulle tracce del killer c’è un esercito di candidati alla taglia. L’unico a tener botta è Mekari, poliziotto con alle spalle un lutto grande quanto quello di Ninagawa, che nonostante tutto e tutti è deciso a portare la missione a termine.
Sulla confezione c’è poco da dire: Shield of Straw (Difesa di paglia) è un action thriller senza particolari note di merito che nei momenti migliori assomiglia a Fast and Furious (l’assalto in autostrada, che ha anche strappato un applauso a scena aperta durante la proiezione stampa); il che è tutto dire. Ma non si può negare che sia politicamente radicale, come nei casi migliori della filmografia sterminata e un po’ isterica di Miike. Il film ribalta di 180° lo stereotipo reazionario dell’eroe costretto a farsi giustizia da sé perché lo Stato è troppo garantista (per capirsi, Cobra): qui l’eroe è una figura semi-cristologica, decisa ad espiare i peccati di un intero popolo in crisi economica e di ideali attraverso un lungo harakiri morale. Incarna ideali progressisti che in pochi (a destra o a sinistra) sono disposti ad accettare, e per ben due volte usa il suo corpo come scudo del pedofilo che scorta, nonostante Kyomaru abbia più volte ribadito di non essere pentito (anzi, arriverà a dire, «Mi pento soltanto di non averlo fatto più spesso»). Per evitare fraintendimenti, Miike sigilla il suo comportamento con le parole di un commissario di polizia che – quando Mekari è portato via in fin di vita – dice: «Dobbiamo salvarlo, né va dell’onore del Giappone». La chiusura del film, che non vi anticipiamo, accentua ulteriormente il senso di una parabola morale semplice semplice, che ha l’unico vero difetto di essere dozzinale come film di genere: il rischio è che sia per questo che la vedranno (e ne discuteranno) davvero in pochi.

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