Woody Allen continua a insistere con gli scherzi del destino, il concetto di giustizia e – né più né meno – il senso della vita. Dice in conferenza che il cinema è un buon modo per distrarsi e passare il tempo in un mondo senza significato, e questo cinema in effetti lo è, anche se come critici non si sa più che dirne, nel senso che il punto di vista (suo e nostro) è immobile, di una facilità di lettura che qui chiamiamo limpidezza ma non a tutti perdoneremmo.
Il protagonista è un professore universitario depresso (Jacquin Phoenix, grasso come l’avevamo visto solo in I’m Still Here), la madre si è suicidata, la moglie l’ha lasciato per un amico, insegna filosofia senza convinzione, gli serve solo ad affilare il suo malessere. Si innamora di una studentessa (Emma Stone), va a letto con una collega (Parker Posey), insegue un’erezione, un motivo di vita, alla fine durante una festicciola con i ragazzi prova per scherzo a spararsi (scena sconcertante, una variazione di tono così spiazzante che risulta accettabile per un pelo). Il proposito che lo rimette in carreggiata lo trova nell’omicidio, immagina di far fuori un giudice per come sta gestendo un caso di affidamento. Delitto e castigo? Comunque scelga e comunque vada a finire (non ve lo dico), la sua vita cambia in meglio…
Funziona tutto benissimo: il compendio di filosofia, il rapporto passionale ma distaccato tra colleghi, il corteggiamento reciproco con la studentessa, il jazz sopra le righe in colonna sonora; e perfino la trama gialla, c’è vera suspense come in Match Point o Crimini e misfatti, ogni dettaglio ha la sua utilità.
Funziona soprattutto questo raccontare senz’ansia, questo distacco da tutto, perfino da se stessi, come se con gli anni che passano nel cinema di Woody si fosse consumata una specie di separazione tra l’Allen narratore e l’Allen spettatore (non mi pare un caso sia ormai così di rado attore nei suoi film). Come se provasse, ogni volta un po di più, ad essere solo comprensibile e divertente, popolare senza che questo diventi un compromesso o un limite.
Per farlo serve naturalmente una misura pazzesca del mestiere: per questo non si smette di applaudirlo, di sorridere quando alla fine ci si alza a si va a casa.
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