Cannes 2018: Girl di Lukas Dhont. La recensione del film
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Cannes 2018: Girl di Lukas Dhont. La recensione

L'opera prima di Lukas Dhont, presentata in Un Certain Regard, racconta con potenza e delicatezza il percorso di cambiamento una quindicenne nata nel corpo di un ragazzo ed è stata accolta da moltissimi applausi

Cannes 2018: Girl di Lukas Dhont. La recensione

L'opera prima di Lukas Dhont, presentata in Un Certain Regard, racconta con potenza e delicatezza il percorso di cambiamento una quindicenne nata nel corpo di un ragazzo ed è stata accolta da moltissimi applausi

Girl è stato il film più applaudito tra quelli della selezione ufficiale del Festival di Cannes 2018, in concorso a Un Certain Regard

LA STORIA

Lara (Victor Polster) è una quindicenne belga appena trasferitisi assieme al padre (Ariedh Worthalter) e al fratellino (Oliver Bodart) in una città che le permette di frequentare una delle migliori scuole di danza del paese. Il suo sogno è diventare ballerina, ma a ostacolarla è il corpo da maschio dentro il quale è nata. Tra sedute dallo psicologo e incontri con i medici Lara, supportata dal padre, inizierà un difficile e doloroso percorso di trasformazione. Percorso che lei vorrebbe velocissimo, ma che invece ha bisogno d’estrema pazienza. Riuscirà ad aspettare?

LA CRITICA

L’opera prima di Lukas Dhont (ventisettenne belga già candidato all’Oscar grazie a un cortometraggio) non sarà dimenticata facilmente, e qui a Cannes è stata accolta da molti minuti di applausi. Potente e delicato, a rendere Girl un film eccezionale è l’intelligenza dei suoi autori che hanno semplificato e reso facilmente accessibile un tema così complesso e per molti (ahinoi) respingente. Ci sono riusciti sia utilizzando il balletto classico non solo come elemento della trama, ma come metafora esplicita del doloroso viaggio di un’adolescente transgender; sia collocando la narrazione nel periodo dell’adolescenza, dove tutti, ragazzi ragazze, transgender o meno, sono impazienti e desiderosi di essere altro, di diventare adulti.

Ecco allora che il dolore e la difficoltà di camminare sulle punte, le dita dei piedi sanguinanti e unite con lo scotch, sono paragonabili al nastro adesivo col quale Lara cerca di appiattire i propri i genitali, impossibili però da nascondere sotto il body attillato. E allo stesso tempo l’impazienza di Lara, la frustrazione per gli ormoni che sembrano non funzionare, la voglia di compiere diciott’anni per poter fare l’operazione, non è molto lontana da chi conta i giorni che lo separano dalla patente, o dalla prima birra bevuta in legalità.

Noi spettatori siamo vicini a tutto questo, anche grazie all’uso vibrante ma pieno di pudore della camera a mano e dei moltissimi primi piani: balliamo assieme alla ragazza nei sempre più vertiginosi piano-sequenza danzanti, capiamo quel che sta provando tra le pieghe del suo viso, anche se le sue emozioni non sono mai urlate e il dolore è tutta questione di sguardi. 

Bravissimi gli attori, primo fra tutti il protagonista Victor Polster, anche se l’aver scelto un interprete cisgender potrebbe non piacere a qualcuno, e c’è chi storcerà il naso per le – secondo noi necessarie – scene di nudo integrale che puntellano la narrazione. Speriamo però che in Italia ci sia chi avrà il coraggio di portare questa piccola perla in sala.

Voto a caldo: 8

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