Cannes 2019, Tarantino su C’era una volta a…Hollywood: «Poche battute a Margot Robbie? Rifiuto quest'ipotesi»
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Cannes 2019, Tarantino su C’era una volta a…Hollywood: «Poche battute a Margot Robbie? Rifiuto quest’ipotesi»

Il ciclone tarantiniano ha travolto la Croisette con una lettera d'amore alla Hollywood in transizione di fine anni sessanta, interpretata da un cast stellare in cui svettano Brad Pitt, Leonardo DiCaprio e Margot Robbie

Cannes 2019, Tarantino su C’era una volta a…Hollywood: «Poche battute a Margot Robbie? Rifiuto quest’ipotesi»

Il ciclone tarantiniano ha travolto la Croisette con una lettera d'amore alla Hollywood in transizione di fine anni sessanta, interpretata da un cast stellare in cui svettano Brad Pitt, Leonardo DiCaprio e Margot Robbie

Quentin Tarantino, il giorno dopo il tappeto rosso e i calorosi applausi ricevuti per il suo nuovo film, Once Upon a Time in Hollywood (qui la nostra recensione), si è presentato in conferenza a Cannes insieme al suo fenomenale trio d’attori composto da Brad Pitt, Leonardo DiCaprio e Margot Robbie, uno accanto all’altro per il nono lavoro firmato dal regista di Bastardi senza gloria, di ritorno sulla Croisette a venticinque anni esatti dal trionfo nel più prestigioso festival del mondo con il suo capolavoro, Pulp Fiction.

Durante l’incontro con la stampa, preceduto da molti giornalisti intenti a scattare foto ai protagonisti e a rubare selfie a distanza, Tarantino si è soffermato sulla sua ultima fatica, che vede Brad Pitt e Leonardo DiCaprio immersi nella Hollywood del 1969: Pitt è Cliff Booth, amico e controfigura del Rick Dalton di DiCaprio, attore in declino che sente il peso del tempo che passa. Intorno a loro gravita la Los Angeles del tempo e gli eventi toccano da vicino la setta di Charles Manson e l’attrice Sharon Tate, che da quel gruppo di persone fu barbaramente uccisa.

Per DiCaprio C’era una volta a…Hollywood è senz’altro «una lettera d’amore all’industria, penso che tutti si siano sentiti degli outsider in questo settore e Quentin è davvero un database vivente, sa tutto della storia del cinema ma anche della musica e della televisione», mentre Pitt, protagonista di una scena di forte violenza grafica contro delle donne, ha detto: «Non l’ho vista in quanto rabbia contro degli individui, ma come rabbia contro la perdita dell’innocenza». Tarantino, dal canto suo, non ha voluto scendere più nel dettaglio per evitare i tanto temuti spoiler, contro i quali si è già prodigato con una lettera in cui chiedeva al pubblico di Cannes di non fare rivelazioni sul film avvalendosi dell’l’hashtag #NoSpoilersinHollywood.

A proposito di Manson, Tarantino si è detto affascinato dalla «impossibilità di essere veramente in grado di capirlo, è ciò che causa questo fascino» e sostiene di aver fatto molte ricerche e di aver letto più di un libro sull’argomento, mentre alla giornalista del New York Times che ha sottolineato quanto la Robbie fosse molto meno presente sullo schermo dei due protagonisti maschili, con poche righe di dialogo al suo attivo, il regista, alquanto contrariato, ha risposto seccamente: «Rifiuto quest’ipotesi».

Sul tema l’attrice ha aggiunto: «Penso che i momenti che ho avuto sullo schermo abbiano dato un’opportunità a Sharon Tate e alla sua leggerezza. La tragedia era, in definitiva, la perdita dell’innocenza e per mostrare quei meravigliosi lati di lei si poteva anche agire rapidamente, senza parole. Lei è la vera luce del film e per interpretarla mi sono preparata leggendo ciò che ho potuto. Per me era importante rendere omaggio alla dolcezza di Sharon, alla sua memoria e alla bellezza di una sognatrice». 

A Tarantino è stato anche chiesto cosa pensa di Roman Polanski, che era sposato con la Tate all’epoca del suo omicidio e che appare nel film, anche lui brevemente. Il regista ha detto: «L’ho incontrato un paio di volte. Non stiamo parlando solo di uno dei più grandi registi di quell’epoca, ma del più ‘hot’: Rosemary’s Baby aveva incassato allora 33 milioni di dollari, una cifra straordinaria. Io sono un vero fan di quel film. Mi piace molto. Se ho discusso con lui del film? No, non l’ho fatto».

«Io amo tutte le epoche prima dell’invenzione dei cellulari – aggiunge Tarantino a margine dei discorsi sul film – Sergio Corbucci è uno dei più grandi registi, uno dei miei preferiti. Con Django Unchained ho fatto la mia versione del suo film e quando Rick Dalton, il personaggio di DiCaprio, va a Roma per girare Nebraska Jim diventa parte di quella storia! Mi piaceva però l’idea che all’inizio non lo vedesse di buon grado».  Il film uscirà nelle sale americane a fine luglio, mentre in quelle italiane a partire dal prossimo 19 settembre, ma intanto si ritrova a gareggiare per l’ambita Palma d’Oro che verrà assegnata sabato prossimo dalla giuria presieduta da Alejandro González Iñárritu. 

Foto: Getty Images

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