È nel segno dell’Italia l’inizio del 75esimo Festival di Cannes, che schiera tra i primi film in Concorso Le otto montagne, dei belgi Felix van Groeningen e Charlotte Vandermeesh e coproduzione franco-belga-italiana, tratto dal romanzo di Paolo Cognetti premio Strega nel 2017, e Le vele scarlatte di Pietro Marcello, film d’apertura della Quinzaine des Réalisateurs, con Jasmine Trinca e Valeria Golino rispettivamente chiamate a far parte della giuria del Concorso e a presiedere quella di Un Certain Regard.
Ad aprire le danze per il nostro paese sarà però nella giornata di domani Esterno Notte, debutto del maestro Marco Bellocchio nell’universo narrativo delle serie tv con cui il cineasta piacentino torna ad affrontare il sequestro Moro, nodo cruciale della storia italiana già raccontato dal regista nel suo film Buongiorno, notte 19 anni fa. I sei episodi che compongono il racconto andranno in onda in autunno su Rai1, ma la prima parte uscirà al cinema già domani con Lucky Red in contemporanea col passaggio sulla Croisette (la seconda arriverà invece nelle sale cinematografiche italiane dal prossimo 9 giugno).
L’anno d’ambientazione è il 1978, quando l’Italia è dilaniata da una guerra civile. Da una parte le Brigate Rosse, la principale delle organizzazioni armate di estrema sinistra, e dall’altra lo Stato. Violenza di piazza, rapimenti, gambizzazioni, scontri a fuoco, attentati. Sta per insediarsi, per la prima volta in un paese occidentale un governo sostenuto dal Partito Comunista (PCI), in un’epocale alleanza con lo storico baluardo conservatore della Nazione, la Democrazia Cristiana (DC). Aldo Moro, il Presidente della DC, è il principale fautore di questo accordo, che segna un passo decisivo nel reciproco riconoscimento tra i due partiti più importanti d’Italia.
Proprio nel giorno dell’insediamento del governo che con la sua abilità politica è riuscito a costruire, il 16 marzo 1978, sulla strada che lo porta in Parlamento, Aldo Moro viene rapito con un agguato che ne annienta l’intera scorta. È un attacco diretto al cuore dello Stato. La sua prigionia durerà cinquantacinque giorni, scanditi dalle lettere di Moro e dai comunicati dei brigatisti: cinquantacinque giorni di speranza, paura, trattative, fallimenti, buone intenzioni e cattive azioni. Cinquantacinque giorni al termine dei quali il suo cadavere verrà abbandonato in un’automobile nel pieno centro di Roma, esattamente a metà strada tra la sede della DC e quella del PCI.
«Nel film precedente, Buongiorno, notte, c’è una fantasia legata al personaggio interpretato da Maya Sansa che fa addormentare tutti gli altri brigatisti e permette a Moro di tornare libero – esordisce il regista raccontando Esterno notte alla stampa – Qui invece immaginare che dalla Renault rossa ne esca vivo era una circostanza molto legata al memoriale di Aldo Moro, che mi ha molto ispirato e mi ha fatto conoscere sia il libro di Miguel Gotor (Il memoriale della Repubblica. Gli scritti di Aldo Moro dalla prigionia e l’anatomia del potere italiano, ndr) sia il grande spettacolo teatrale che ha fatto Fabrizio (Gifuni, Con il vostro irridente silenzio, ndr). C’è un momento misterioso in cui Moro ringrazia le brigate rosse per avergli salvato la vita: di fronte a questo passaggio, nei 55 giorni della prigionia di Moro, gli storici sono rimasti vaghi, non ci hanno dato risposte certe, ma a noi piaceva inserirlo come possibilità, infatti l’abbiamo collocato all’inizio».
«Serie o film ha poca importanza, in ogni caso diversamente da Buongiorno, notte è un film molto meno ideologico – chiarisce Bellocchio, che l’anno scorso aveva ottenuto dal Festival di Cannes la Palma d’onore in occasione del passaggio del suo ultimo documentario, Marx può aspettare – Non è che io voglia perdonare tutti, non c’è questo atteggiamento. Mi dispiace che qualcuno ha scambiato questo progetto per un accanimento da avvoltoi su ricordi tragici di quegli anni. Io non odio nessuno, sarà per l’età. In occasione del quarantennale della morte di Moro sono fioccate molte trasmissioni, sulla cui qualità non voglio esprimermi, se n’è tornato a parlare, ne abbiamo parlato con i produttori e ho voluto contribuire a tornare a raccontare questa storia: fin da subito abbiamo capito, con gli sceneggiatori, che era bene raccontarla in sei episodi, inabissarsi nel punto di vista esterno di tanti personaggi, vedendoli molto da vicini e stando su di loro, perché lo esigeva la storia. Moro ad ogni modo era un vero riformista, lo dicono gli storici, per le cose che osò fare pagò con la vita. Non è ad ogni modo il primo film a processare la classe politica, anche Il Divo l’ha fatto, affrontando anche il rapimento Moro».
Scritta da Marco Bellocchio, Stefano Bises, Ludovica Rampoldi, Davide Serino, Esterno Notte schiera nel cast Fabrizio Gifuni nei panni di Aldo Moro, Margherita Buy (Eleonora Moro), Toni Servillo (Papa Paolo VI), Fausto Russo Alesi (Francesco Cossiga), Gabriel Montesi e Daniela Marra. Ed è proprio Gifuni, che aveva già interpretato Moro in Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana, ad aggiungere considerazioni significative sul portato del personaggio politico e sulla sua visione in proposito: «”Irridente silenzio” sono le parole che Moro scrive a Zaccagnini in una delle ultime ore lettere e riguarda il modo in cui venivano accolti e recepiti gli scritti che arrivavano dalla sua prigiona. Ciò che mi interessava era però anche l’irridente silenzio che riguarda noi: è una storia radicata nell’immaginario collettivo, che tutti abbiamo presente, ma allo stesso tempo l’abbiamo dimenticato, abbiamo dimenticato quelle carte e quella scrittura cui Moro si dedica incessantemente: un flusso di pensieri ininterrotto che a me è stato molto utile nel lavoro con Marco, essendo un punto di vista interno».
«Moro è comunque andato incontro a un martirio che somiglia alla rimozione collettiva – aggiunge l’attore – e la vicenda Moro non è un evento che si può comprendere sottraendola al contesto internazionale del tempo, fu la tempesta perfetta. In ogni caso ciò che si fece per Moro non si fece né prima né dopo, e Moro fu probabilmente una figura avanti di tanti anni, che anticipò di 15-20 anni ciò che sarebbe accaduto negli anni ’90, un uomo che si spinse troppo oltre il perimetro consentito dalla Storia. Restituire più punti di vista su una storia come questa ti costringe a vederla attraverso gli sguardi di tutti, non è la prima volta che si fa nel cinema ma in questo caso è un’illuminazione semplice ma efficacissima».
Servillo si concentra invece sul lavoro di Bellocchio e sulla preziosità della sua visione: «Quello che mi ha sempre affascinato da spettatore nel cinema di Bellocchio, in casi particolari come in questo o come in Vincere, è il segno di Marco, che è quello delle opere d’arte, cioè affrancarsi dalla sola testimonianza e regalare allo spettatore un’avventura conoscitiva. La capacità che ha Marco di aggregare immagini che nella nostra testa sono lontane è quello che accade nella grande poesia, dove le parole legandosi ci permettono di riflettere su fatti realmente accaduti con originalità di lettura e autonomia di pensiero davanti all’opera. Ho trovato dopo la visione del film questa caratteristica che ho sempre amato e, a prescindere che lo si consideri un film o una serie, sono felice di partecipare a un film di sei ore: contro la dittatura del frammento, mi sembra che la grandezza di un’opera nella sua interezza permette di rilanciare delle parti distanti tra loro e che sorprendono l’autore stesso, che devono turbare, scuotere, scioccare il pubblico a partire dall’esperienza storicamente data per restituirla emotivamente».
Conclude l’attore sul suo personaggio: «Di questo Papa mi interessava, come a Marco, restituire la dimensione conflittuale molto forte, che Paolo VI esprime con parole sue, tra la misericordia e il senso di responsabilità. Era affascinante questa figura che si muove in maniera drammatica tra una secolarizzazione della sua figura e una fede che lo spinge verso la misericordia, amplificata in una situazione di conflitto. Il conflitto s’inasprisce talmente tanto che nel rivolgersi alle Brigate Rosse chiede aiuto a un parrocco di provincia, e anche questo l’ho trovato molto affascinante, mentre mi sottrarrei alle generalizzazioni che hanno visto in lui un Papa intellettuale e lascerei a questo proposito spazio alle osservazioni degli storici».
Esterno Notte è una serie prodotta da Lorenzo Mieli per The Apartment, società del gruppo Fremantle, con Simone Gattoni per Kavac Film, in collaborazione con Rai Fiction, in coproduzione con Arte France. Il distributore internazionale è Fremantle.
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