Nulla di più umiliante che un’impietosa accoglienza a casa propria. L’ha dovuta fronteggiare Philippe Garrel che per il suo ultimo film, La Frontière de l’aube (in italiano La frontiera dell’alba), ha ricevuto ieri a Cannes sonori fischi da pubblico e critica. E, quel che brucia ancor più a uno, accade nell’anno in cui si celebra l’anniversario dei 40 anni dal maggio francese del ’68, che il regista stesso visse da protagonista. Ancora nouvelle vague per una pellicola rigorosamente in bianco e nero e con immagini di grande ricerca estetica che racconta la storia romantica, con declinazioni soprannaturali, dell’amore tra il fotografo Francois (interpretato dal figlio del regista Louis Garrel, al suo terzo film col padre e fidanzato con Valeria Bruni Tedeschi, sorella della first lady di Francia) e l’attrice Carole, interpretata da Laura Smet. Il loro amore adultero (lei è sposata) è presto scoperto e le conseguenze non si fanno attendere con una caduta nella spirale dell’alcolismo per lei. Solo un gruppo di irriducibili fan del regista, che resta uno dei protagonisti sulla piazza francese, ha risposto con applausi alla proiezione, mentre per il resto fischi e commenti negativi sono arrivati piuttosto unanimemente dalla critica. Voci di corridoio mormorano che La frontiera dell’alba fosse stato prenotato per Venezia 65, salvo poi sparire all’ultimo minuto dal cartellone: una scelta della produzione, come è stato detto, o una scelta dei selezionatori e del direttore della Mostra Marco Müller?
Al.Za.
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