Cate Blanchett non è soltanto una delle più versatili e raffinate attrici del cinema contemporaneo, ma ha anche una presenza dotata di una concretezza eterea, tutta sua.
È impossibile non fissarla, non essere calamitati dalla sua voce profonda e dai suoi modi eleganti e carismatici, ma allo stesso tempo in lei c’è sempre qualcosa che sfugge: un’aura quasi aliena, una luce che sembra fatta apposta per alimentare fascino e mistero.
L’interprete australiana fa il suo ingresso sul palco della Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica per il primo degli Incontri Ravvicinati della Festa del Cinema di Roma, e ad accoglierla c’è un applauso scrosciante, in cui il calore e l’affetto delle persone si mescolano all’ebbrezza, perfettamente tangibile, di ritrovarsela davanti in carne e ossa: è la prima vera star assoluta di quest’edizione.
La due volte premio Oscar, alla Festa anche per presentare Il Mistero della Casa del Tempo di Eli Roth, è sbarcata nella Capitale soprattutto per raccontare e raccontarsi al pubblico romano. A guidarla, come format impone, le domande del direttore artistico Antonio Monda e delle clip di film che ha interpretato, appositamente scelte per rappresentare e condensare il meglio della sua carriera.
Per ogni pellicola Cate non si risparmia ed elargisce commenti, considerazioni, aneddoti, riflessioni, ricordi articolati (a un certo punto una ragazza, sfruttando in maniera chirurgica una pausa prima delle immagini, le urla “I love you, Cate!”, e lei risponde con lo stesso ardore: “I love you too!”). Una mole di informazioni, un po’ diario personale scandito attraverso i suoi ruoli e un po’ flusso di coscienza a tappe, che potete gustarvi integralmente di seguito.
Il curioso caso di Benjamin Button
Sono una grande ammiratrice di tutti gli elementi di questo film, dalla sceneggiatura di Eric Roth alla regia di David Fincher. E poi Brad Pitt, con il quale mi ero già incrociata sul set di Babel, che è così incredibilmente brutto che è stato difficilmente provare qualcosa di romantico per lui!
Ogni cosa di questo film era fantastica, con queste premesse e queste persone avrei fatto davvero qualsiasi cosa. Molte immagini mi hanno colpito e commosso, quando ho letto la sceneggiatura la prima volta. Le madri dopotutto sanno che il loro figlio morirà, che loro stesse moriranno, ma come ha detto Thomas Eliot nella fine c’è anche l’inizio.
Carol
Quando ho fatto l’attività stampa per la promozione del film le domande riguardavano spesso la mia sessualità, eppure per altri film che ho fatto non mi hanno mai chiesto delle mie qualità fisiche o psichiche, o quando sono stata un elfo se ero diventata immortale! La cosa mi ha stupito, perché non penso mai al mio genere quando lavoro a un personaggio, non chiudo nessuna porta.
Prima di ogni altra cosa, penso al mio personaggio come a un essere umano. Non interpreto le cose in senso letterale e lotto sempre per la sospensione dell’incredulità, messa in discussione oggi, almeno in America, dai reality e da tanta televisione.
Ci aspettiamo sempre di provare affinità per i personaggi che vediamo sulla scena, mentre per me creare un personaggio è un’esperienza antropologica, significa calarmi in qualcosa di lontano da me. Carol per me è stato un parto d’amore. Avevo letto il romanzo di Patricia Highsmith al liceo, ma ci sono state tante difficoltà per trovare i produttori e realizzarlo. Ciò non ha fato altro che amplificare la mia voglia di farlo, a qualsiasi costo.
Diario di uno scandalo
Il tuo lavoro acquista la qualità della persona con cui reciti, come nel caso di Judi Dench in questo film. Ero terrorizzata all’idea di sbattere Judi contro una libreria, le avevano messo una tartaruga corazzata che mi dava margine di manovra, ma è stato comunque divertente perché lei è una donna fantastica, piena di ironia, meravigliosa.
Io non sono qui
Come fai quando qualcuno ti fa una proposta del genere a dire di no? Pochi registi potevano imbarcarsi in un’impresa come quella di Todd Haynes, che ha frantumato un’icona come Bob Dylan in tanti attori e personaggi diversi. All’epoca stavo finendo Elizabeth, ho imbarcato di corsa la mia famiglia per Montréal e lunedì ero già sul set. Se vedete Elizabeth noterete il mio progressivo dimagrimento, perché stavo già preparando il film di Todd. Dylan non l’ho mai incontrato, ma lo amo molto ed è stata l’unica volta che mio marito è stato geloso di qualcuno…
Blue Jasmine
Come avviene nel caso in cui molti registi sono anche sceneggiatori, la regia avviene anzitutto attraverso il testo, la sceneggiatura. Liv Ullman è venuta a Sidney a teatro a fare Un tram chiamato Desiderio, dove io ero Dubois. Io ero convinta che Woody l’avesse visto e che mi avesse chiamato per quello, non vedevo altri motivi per pensare a me. Lui invece mi rispose che né l’aveva visto né ne voleva sentire parlare! Come nel caso di Bob Dylan, è meglio arrivare sul set quando il tuo corpo non si è preparato a quel ruolo, perché al cinema l’eccesso di preparazione delle cose non funziona. Anzi, spesso si dice che le prove servono all’attore per ritornare a quella purezza iniziale, per non smarrirla. Quando si sceglie il cast giusto e l’attore è azzeccato per il personaggio in fondo non c’è molto altro da fare, e questo Woody lo sa bene.
The Aviator
Gli esseri umani si innamorano sempre, ma se qualcuno poi diventa il grande amore della tua vita dipende dalle situazioni e delle circostanze, per cui non so se Katharine Hepburn e Howard Hughes erano realmente innamorati. Sono cresciuta divorando i film della Hepburn e il modo in cui ha aperto la strada alle donne per essere davvero ciò che sono è illuminante. Quando il mio agente mi disse che Martin Scorsese voleva chiamarmi da lì a mezz’ora mi sono seduta vicino al telefono e sembrava che avessi il Parkinson per quanto tremavo. Non ricordo nulla di quella telefonata, quando mi chiesero per cosa mi volesse non seppi dirlo. Poi, quando me ne resi conto, mi spaventai sul serio.
Parlando dei suoi esordi e a margine delle considerazioni scaturite dai singoli film, la diva si è anche soffermata sulle differenze tra cinema e teatro, due arti che nella sua carriera convivono da sempre. «Quando ho iniziato a lavorare a teatro a Sidney non pensavo di arrivare al cinema All’epoca a 25 se non avevi ancora fatto un film eri già segnato, soprattutto se eri donna, per cui mi dicevano di sbrigarmi a esordire sul grande schermo. Oggi, per fortuna, i tempi si sono allungati. A teatro puoi avere una percezione diretta del pubblico ed è qualcosa di bellissimo, il cinema invece ti distanzia. Ma se a teatro vedi una schifezza non ci torni più, al cinema invece torni sempre! A teatro però ogni sera è diversa, perché diverso è il pubblico, mentre il cinema è un oggetto compiuto in sé.»
Incalzata dal moderatore Antonio Monda, che le chiede infine di scegliere un aggettivo per tre grandi registi, Cate risponde in maniera fulminante: «Martin Scorsese? Ilare, e lessicale. Woody Allen? Un enigma? Spielberg? Direi vorace». Nel frattempo è quasi giunta l’ora di salutarla, ma c’è ancora tempo perché venga mostrata una clip di un film scelto direttamente dall’ospite, che Cate Blanchett ama moltissimo.
La scelta ricade su Opening Night – La sera della prima di John Cassavetes, capolavoro di colui che è probabilmente il maggiore e più decisivo regista indipendente americano di sempre, con una Gena Rowlands, interprete con cui la Blanchett ha più di un’affinità, da pelle d’oca.
«Per chi non l’avesse visto vi prego assolutamente di vederlo – conclude Cate prima di congedarsi tra autografi rubati e applausi devoti – Parla di un’attrice di Boardway alcolista, che deve interpretare il ruolo di una donna che invecchia e per lei è durissima sopportarlo. Gena Rowlands in questo film è straordinaria, riesce a entrare in quello spazio difficile, insondabile e misterioso tra persona e personaggio: un’attrice straordinaria che si frammenta al cospetto del ruolo che deve interpretare. Mi ha sempre molto emozionato e ispirato.»
Foto: Getty Images
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