«C’è ancora domani è merito suo, non del cinema italiano»: Favino incorona Paola Cortellesi
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«C’è ancora domani è merito suo, non del cinema italiano»: Favino incorona Paola Cortellesi

La star di Adagio ha tessuto le lodi dell'attrice che ha da poco esordito con la sua sorprendente opera prima nelle vesti di regista

«C’è ancora domani è merito suo, non del cinema italiano»: Favino incorona Paola Cortellesi

La star di Adagio ha tessuto le lodi dell'attrice che ha da poco esordito con la sua sorprendente opera prima nelle vesti di regista

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C’è ancora domani, il sorprendente dramma scritto, diretto ed interpretato da Paola Cortellesi uscito al cinema il 26 ottobre, continua a raccogliere ampi consensi tanto tra il pubblico quanto tra la critica specializzata.

L’ultimo in ordine di tempo ad essersi espresso sull’opera prima di Paola Cortellesi è stato Pierfrancesco Favino, il quale, durante una recente intervista durante la promozione stampa di Adagio, il nuovo noir thriller noir diretto da Stefano Sollima che lo vede protagonista, ha detto la sua sul clamoroso successo del film:

«Conosco Paola da trent’anni, conosco la sua qualità artistica e umana e sono strafelice. Ma non mi piace l’idea che si associ Paola e cinema italiano: Paola sta facendo una cosa che va riconosciuta a lei. Sarebbe ingeneroso, visto quel che succede rispetto al racconto femminile, saltare sul carro del vincitore

Favino non ha rinunciato a lanciare una sottile stoccata al mondo dello streaming e agli algoritmi usati dai colossi per determinare il successo di un contenuto:

«Una delle cose più belle, se pensiamo ai film di successo di quest’anno, è che sono fuori da ogni possibilità di previsione algoritmica. Vuol dire che l’intuizione umana e creativa dell’artista, incontra in modo magico un momento storico e le persone».

L’attore ha anche offerto una nuova riflessione sullo stato del cinema italiano, prendendo ad esempio il recente trionfo tennistico italiano avvenuto con l’ultima edizione della Coppa Davis:

«Il cinema è fatto dalla sala, da quello che c’è sullo schermo, e dal pubblico. Questo è cambiato molto, ma è cambiata anche la comunicazione del cinema: stiamo sempre di più raccontando solo il costume. E invece c’è un pubblico giovane che conosce ed è curioso. Una delle pagine più belle degli ultimi giorni è stata la vittoria della Coppa Davis di due ventenni che hanno giocato come di solito non giocano gli italiani: con una precisione, freddezza, lucidità che hanno ben poco della nostra tradizione. Ci abbiamo messo quarant’anni».

Tornando sui noti fatti avvenuto all’ultimo Festival di Venezia, Favino ha commentato la piega che ha rapidamente preso la polemica innescata dalle sue dichiarazioni:

«Fa parte del nostro mestiere prendere delle posizioni, specie se vantaggiose per un’intera categoria. Poi il fatto che questioni complesse vengano ridotte a titoli beceri al solo scopo di ottenere clic, è una deriva che non mi piace. Ma non mi piego all’idea che non si possa più parlare con gli altri».

Intanto l’eco di C’è ancora domani è arrivato anche oltreoceano. Tra i riconoscimenti più prestigiosi, ottenuti nelle ultime settimane dal film, vi è anche un articolo dedicato dal New York Times, che non ha esitato a definire l’esordio da regista di Paola Cortellesi come “straziante ed edificante“.

Presentato alla Festa del Cinema di Roma, dove ha vinto tre premi, C’è ancora domani vede nel cast, oltre a Paola Cortellesi nel ruolo di protagonista, anche Valerio Mastandrea, Giorgio Colangeli, Emanuela Fanelli, Romana Maggiora Vergano e Francesco Centorame.

La sinossi ufficiale del film recita quanto segue:

Delia è la moglie di Ivano, la madre di tre figli. Moglie, madre. Questi sono i ruoli che la definiscono e questo le basta. Siamo nella seconda metà degli anni ’40 e questa famiglia qualunque vive in una Roma divisa tra la spinta positiva della liberazione e le miserie della guerra da poco alle spalle. Ivano è capo supremo e padrone della famiglia, lavora duro per portare i pochi soldi a casa e non perde occasione di sottolinearlo, a volte con toni sprezzanti, altre, direttamente con la cinghia. Ha rispetto solo per quella canaglia di suo padre, il Sor Ottorino, un vecchio livoroso e dispotico di cui Delia è a tutti gli effetti la badante. L’unico sollievo di Delia è l’amica Marisa, con cui condivide momenti di leggerezza e qualche intima confidenza.
È primavera e tutta la famiglia è in fermento per l’imminente fidanzamento dell’amata primogenita Marcella, che, dal canto suo, spera solo di sposarsi in fretta con un bravo ragazzo di ceto borghese, Giulio, e liberarsi finalmente di quella famiglia imbarazzante. Anche Delia non chiede altro, accetta la vita che le è toccata e un buon matrimonio per la figlia è tutto ciò a cui aspiri. L’arrivo di una lettera misteriosa però, le accenderà il coraggio per rovesciare i piani prestabiliti e immaginare un futuro migliore, non solo per lei.

Cosa ne pensate delle parole di Pierfrancesco Favino? Fatecelo sapere nei commenti!

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Foto: Andreas Rentz / Getty Images / Vision Distribution

Fonte: Repubblica

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