Cenerentola e il coraggio di essere gentili. La recensione del film con Lily James e Richard Madden
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Cenerentola e il coraggio di essere gentili. La recensione del film con Lily James e Richard Madden

Arriva domani al cinema il live action Disney diretto da Kenneth Branagh

Cenerentola e il coraggio di essere gentili. La recensione del film con Lily James e Richard Madden

Arriva domani al cinema il live action Disney diretto da Kenneth Branagh

È il primo incontro a cavallo (la scena più erotica di tutto il film) tra Ella (Lily James) e Kit (Richard Madden) che segna il confine entro cui si muove il film di Kenneth Branagh.
Scordatevi la ragazzina succube e addolorata che sogna di essere salvata dal principe azzurro. Scordatevi inchini ossequiosi, occhiate languide, principi tutti d’un pezzo e bambine spaurite.
Della favola Disney è rimasta la sostanza, ma sono cambiati i tempi e i ruoli. Dagli anni ’50 (Cenerentola fu il primo film d’animazione che la Disney realizzò dopo la Seconda guerra mondiale) a oggi le donne ne hanno fatte di strada, e l’emancipazione femminile ora passa anche per il più classico dei racconti per bambini.

Ella è una giovane ragazza orfana che da anni resiste ai soprusi e alle cattiverie di matrigna e sorellastre. Le tre si sono impossessate della sua proprietà, hanno spedito la povera ragazza in soffitta (costringendola a stringere amicizia con i topi suoi coinquilini) e l’hanno declassata a domestica tuttofare.
Nonostante questo, Ella resiste e non lo fa per masochismo o per  dimostrazione di forza; lo fa per mantenere le promesse  fatte al padre e alla madre: prendersi cura del luogo in cui è nata e essere sempre gentile e coraggiosa.
La gentilezza ha qui una portata rivoluzionaria che è pari al messaggio cristiano del porgere l’altra guancia. Rispondere all’odio con la compassione, alla prepotenza con la cortesia.
Ma quando è troppo è troppo e appena le sorellastre iniziano a chiamarla Cenerentola, la povera Ella scappa a cavallo nel bosco, dove incontra l’uomo che deciderà di amare.

L’opera di Branagh è un ossimoro, al contempo classica e moderna. Sono moderni i personaggi, ma è classica la loro rappresentazione iconografica, è moderno il messaggio ma sono classici i termini che lo veicolano, è moderna la messa in scena ma sono classiche le scenografie di Dante Ferretti, i costumi di Sandy Powell e la musica di Patrick Doyle. Una centrifuga che permetterà allo spettatore di non sentirsi spaesato e di ritrovare tutti gli ingredienti della favola che conosce, ma allo stesso tempo innesterà – soprattutto nelle menti più giovani – l’idea che chi vuole si salva da solo. Poi certo, le scarpe di cristallo “davvero comode” – come dice la fata madrina – hanno aiutato. E solo noi ragazze possiamo davvero comprendere l’importanza di un tacco 12.

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