Cenerentola: «Una favola a tratti crudele, ma sexy». La nostra intervista a Kenneth Branagh
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Cenerentola: «Una favola a tratti crudele, ma sexy». La nostra intervista a Kenneth Branagh

L'artista britannico ci ha parlato del rapporto tra il suo live-action e la versione dei fratelli Grimm, del talento di Cate Blanchett, degli Oscar e della sua passione per il nostro Paese

Cenerentola: «Una favola a tratti crudele, ma sexy». La nostra intervista a Kenneth Branagh

L'artista britannico ci ha parlato del rapporto tra il suo live-action e la versione dei fratelli Grimm, del talento di Cate Blanchett, degli Oscar e della sua passione per il nostro Paese

Attore e regista shakesperiano molto amato (Riccardo III e Hamlet), ma di recente anche dietro la macchina da presa di un cinecomic di successo (Thor), Kenneth Branagh si destreggia abilmente tra progetti indipendenti e grosse produzioni hollywoodiane. A proposito di queste, ha appena concluso la promozione della sua incursione nel filone fiabesco, l’adattamento live-action della favola dei fratelli Grimm Cenerentola (in sala da oggi, qui la nostra recensione).
Per l’occasione, il 18 febbraio, l’artista britannico ha presentato alla stampa il film Disney nel capoluogo lombardo, dove il direttore di Best Movie, Giorgio Viaro, lo ha intervistato.

Qui sotto un estratto dell’intervista pubblicata sul suo blog:
«Sono assolutamente determinato ad imparare l’italiano, ho 54 anni e conosco qualche parola perché sono stato per un po’ nel vostro paese quando avevo 15 o 16 anni, ma mi piace così tanto l’Italia che quando finirò di essere impegnato sul set inizierò ufficialmente un corso, lo giuro… Vorrei giusto sapere qualcosa in più delle solite frasi del tipo “Una bottiglia di vino rosso”, “Vado a casa”, “Per favore”, “Taxi”, “Birra”, “Un caffè”, “Sono molto felice di essere qui”. Se la prossima volta che ci vediamo non sto seduto di fronte a te parlando italiano hai tutto il diritto di dire che sono uno scarso e che non sei interessato a quello che racconto…»
.

Gli occhiali con la montatura tonda, i capelli a spazzola, un’unghia di barba, biondo come un bambino. A Milano è ancora inverno ma sembra primavera, e Kenneth Branagh indossa un completo blu con una maglia a girocollo che gli preme sul nodo della cravatta. Ha diretto una versione live action di Cenerentola – in sala dal 12 marzo – che lui definisce “un misto di tradizione e contemporaneità”, anche se a me il film è sembrato una riuscita operazione di filologia disneyana. C’è un rispetto assoluto, calligrafico, per il precedente animato, mancano invece i tratti gotici della versione dei Grimm. L’effetto è disarmante, nel senso che disarma letteralmente il critico: l’esibizione scenografica, i costumi, tutto è clamoroso e a suo modo innocente, ti lascia sazio, sereno. Viene fuori che durante la scena del ballo il cast si è perfino commosso, e per una volta non stento a crederlo: Branagh mi cita Visconti e il gesto con cui il principe cinge la vita di Cenerentola prima che le danze si aprano, ha uno slancio infantile, un affetto vero per il mestiere – o lo mima alla perfezione.

Io che fin da piccolo ho vissuto Cenerentola come una fiaba impegnativa, piena di crudeltà, voglio partire da lì, da come si fa a raccontare a un pubblico (anche) di bambini la storia di una ragazza che, persi i genitori, è ridotta in servitù, esiliata in soffitta, allontanata dalla tavola ai pasti, fino allo sfregio del vestito appena cucito, ricordo della madre.
E quindi, come si fa?

Ero perfettamente consapevole della responsabilità che avevo, come sai in alcune versioni della fiaba dei fratelli Grimm addirittura le sorellastre si strappano le unghie dei piedi nel tentativo di infilarsi la scarpetta. Ovviamente io non volevo spingermi così oltre, ma sapevo comunque di dover trovare il giusto equilibrio per fare in modo che i bambini rimanessero spaventati – ai bambini piace essere spaventati – ma non terrorizzati nella maniera sbagliata. Il fatto di essere alle prese con una produzione Disney ti obbliga a realizzare un film che tenga i bambini in contatto con la realtà, con momenti di vita stimolanti ma anche impegnativi. Ad esempio, in molti film Disney i genitori muoiono e in meno di 10 minuti passiamo dal vedere una favolosa famiglia perfetta, amorevole, completa, accogliente, dove puoi essere te stesso e goderti il mondo, a una situazione in cui hai perso tutto. Quindi ero perfettamente cosciente che, magari non tanto la crudeltà che tu hai menzionato, ma una sorta di peso psicologico, sarebbe stato importante. L’altra cosa a cui siamo stati molto attenti è la performance di Cate Blanchett, che doveva essere molto ben bilanciata, con questo look tra il sexy e lo spaventoso, e quanto potevamo renderla perfida. Siamo stati vigili su tutti questi aspetti, con un senso di responsabilità verso il pubblico.

Per il testo integrale pubblicato sul blog di Giorgio Viaro, cliccate qui

 

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