Checco Zalone sta per tornare. La sua ultima sortita sul grande schermo, Quo vado?, risale a quattro anni fa e il comico dei record tornerà al cinema dal prossimo 1 gennaio, in più di 1000 copie, che arriveranno alle soglie delle 1200. Il suo nuovo film, Tolo Tolo, lo vede passare anche alla regia, orfano del sodale di sempre Gennaro Nunziante, regista dei film precedenti («Siamo ancora amici e mi ha dato anche delle indicazioni tecniche. Come regista ero abbastanza smarrito, stare a capo della macchina che serve a fare un film è molto difficile», dice Checco), ma affiancato in sede di sceneggiatura da un importante alfiere della nostra commedia come Paolo Virzì e con nel cast anche il musicista Nicola Di Bari e Barbara Bouchet.
«Questo film è stata una lunga avventura – ha esordito, alla conferenza stampa del film a Roma, il produttore storico di Zalone, Pietro Valsecchi (al suo fianco nell’immagine di copertina, ndr) -, Luca mancava sullo schermo da quattro anni, abbiamo cercato molte storie e alla fine abbiamo iniziato a scrivere una sceneggiatura dall’idea che ci ha portato Paolo Virzì. La scrittura è durata un anno e non è stato semplice raccontare la vicenda che portiamo sullo schermo. Si trattava di un film impegnativo e costoso, per ambienti, comparse e costumi, e Luca era alla sua prima regia, che ha affrontato con leggerezza, poesia e quel suo solito tocco magico, raccontando la realtà di oggi col sorriso. Diceva Bertold Brecht che bisogna essere seri con le cose ridicole e ridere delle cose serie. E questo è esattamente quello che lui ha fatto. Il film non è anti-Salvini, va oltre. Parla di persone che cercano un futuro, non è un film politico».
La sinossi ufficiale del film, nella sua stringatezza, dice già molto: “Non compreso dalla madre patria, Checco trova accoglienza in Africa. Ma una guerra lo costringerà a far ritorno percorrendo la tortuosa rotta dei migranti. Lui, Tolo Tolo, granello di sale in un mondo di cacao”. E non è un caso che il film di Zalone ruoti tutto intorno a un tema di ricorrente attualità in questi anni, quello dell’immigrazione, affrontato fin dal videoclip di lancio Immigrato. Un contenuto che ogni fazione del dibattuto pubblico, anche in tempi di post-ideologia diffusa come quelli odierni, ha tirato per il colletto trascinandolo da una parte e dall’altra, a suon di sterili baruffe e contrapposizioni stucchevoli: è anche questa, dopotutto, la forza dirompente e catalizzatrice di Zalone.
«Ci aspettavamo qualche polemica, ma non fino al punto di essere sulle prime pagine dei giornali e argomento di dibattito nei talk show – dichiara a questo proposito il comico pugliese -, Dopo tre giorni di polemiche mi sono stancato e non ho seguito più. Oggi i social creano un megafono per le polemiche, anche a partire da poche critiche a livello giornalistico si costruisce qualcosa di più grande. Parlando cinicamente direi che è stato anche un bel battage pubblicitario».
Nel film Checco, maschera comica ingombrante e, come tale, in grado di prendere sulle spalle in maniera pirotecnica e sconsiderata vizi e malcostumi dell’italianità di oggi, proprio come a suo tempo i Risi e i Sordi cui dice d’ispirarsi («Con le dovute proporzioni, per parlare di modelli per me è ancora presto»), va via dall’Italia e vi fa ritorno da migrante, accompagnato da tre amici africani. «Dopo lo spunto di Paolo ho costruito in scrittura il personaggio su di me, in qualche modo gli ho rubato l’idea e l’ho fatta diventare sempre più mia – dice Zalone, che alla regia si è firmato col suo vero nome, Luca Medici -, L’egoismo del mio personaggio, capace di guardare solo ai suoi piccoli problemi, è qualcosa di congenito nell’uomo, ce l’abbiamo dentro tutti». Le polemiche potenziali che qualcuno preventivamente attribuisce al film, il diretto interessato le rimanda però al mittente: «La scena del barcone con quel numero musicale non è una presa in giro, né una ruffianata. E non vorrei si parlasse di sessismo. A Manda Touré, che interpreta Idjaba, ho dato un personaggio interessante, senza mai scoprirle un culo, una tetta o farle fare una doccia».
A chi gli chiede, inevitabilmente, dei pareri che il suo film susciterà presso la politica ufficiale, Checco glissa e scherza col candore sbruffone e tutt’altro che banale, una delle più sottili armi del suo successo comunicativo e cinematografico: «Cosa penserà Salvini del film? Che c**** ne so! Lui è l’espressione della gente, che casomai si sentirà chiamata in causa. Salvini non c’è nel film, non faccio i film contro qualcuno. Un personaggio del film ha la carriera di Di Maio, veste come come Conte e parla come Salvini, una sorta di mostri dei nostri tempi. Salvini ha difeso il video di Immigrato e ha detto che mi vorrebbe fare senatore a vita? Tutte chiacchiere, voglio i fatti! (ride, ndr). Il primo politico che vorrei vedesse il film comunque è Mattarella, se lo consideriamo un politico. E il Papa».
«Inutile fare gli ipocriti, dobbiamo fare i soldi – aggiunge poi a proposito della sfida al botteghino con se stesso, che lo porterà a dover battere il precedente Quo vado? e i suoi 65,3 milioni di euro, per poi concludere citando La storia siamo noi di De Gregori -, Io sono convinto che il pubblico, la gente sa benissimo dove andare: quelli che hanno letto un milione di libri e quelli che non sanno nemmeno parlare».
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