Più ancora dello sguardo ceruleo, di lui conosciamo a memoria i pettorali. E non potrebbe essere altrimenti: per tutti Chris Hemsworth è Thor, il supereroe Marvel che lo ha fatto conoscere al mondo, gli ha garantito l’accesso diretto alla squadra miliardaria degli Avengers e che lo vincolerà almeno fino al 2017. Cosa che non gli dispiace affatto: «Ti dirò, forse maneggio con più facilità il suo martello di un computer». Ma il 31enne australiano è anche altro. È soprattutto un marito (della modella Elsa Pataky, sposata il 28 dicembre 2010) e padre di famiglia: dopo la primogenita India Rose, lo scorso anno sono arrivati i gemelli Tristan e Sasha. È anche l’uomo più sexy del mondo, secondo la rivista People: «Ho detto a mia moglie: “Questo è quello che la gente ha deciso, quindi d’ora in poi non devo più lavare i piatti o cambiare i pannolini”». Mentiva: è risaputo che Chris preferisce fare il papà piuttosto che posare su un set fotografico ed esibire il fisico scultoreo impostogli dal copione. Perché anche quando smette i panni di Thor, il cinema non rinuncia ai suoi muscoli. Non lo ha fatto Ron Howard, che prima lo ha trasformato nello storico campione di Formula 1 James Hunt (in Rush) e il prossimo dicembre lo abbandonerà In the Heart of the Sea in balia delle acque e di una gigantesca balena. E nemmeno Michael Mann, che in Blackhat – in sala questo mese – lo ha spinto a prendere dimestichezza con i segreti della Rete, facendo di lui un genio dei codici. Nel film del maestro americano è infatti un hacker che sta scontando 15 anni di carcere quando viene ingaggiato dall’FBI per incastrare un “collega” che ha colpito i mercati finanziari su scala globale.
Best Movie: Come descriveresti il tuo personaggio? Nicholas è un genio o un criminale?
Chris Hemsworth: «Direi entrambi. Il suo passato è radicato nel mondo criminale, oltre che in quello proletario. È un uomo che ha sempre combattuto il sistema e coloro che amministravano la legge. Ma ha comunque una coscienza e nel corso del film diventa più forte: sa che deve fare la mossa giusta, perché in un certo senso si sente braccato sia dal nemico sia dall’FBI».
BM: Però non è nemmeno uno che se ne resta tutto il giorno seduto dietro lo schermo di un computer…
CH: «Esatto. E questa è solo una delle cose interessanti che ho scoperto nel corso della lunga ricerca che ha preceduto l’inizio delle riprese. Gli hacker sono molto diversi da come ce li immaginiamo: certo, agiscono nell’ombra, ma non rimangono chiusi in una stanza buia ad armeggiare con la tastiera del PC. Quello di Nicholas non è solo un lavoro tecnologico, è anche molto fisico».
BM: Lo possiamo definire un action hero?
CH: (ride) «Sì, anche se il gioco si fa via via soprattutto psicologico. Mike (Michael Mann, ndr) ha voluto insistere anche sull’aspetto drammatico della storia, e non spingere solo sul versante thriller».
BM: Come ti sei preparato per il ruolo? So che hai incontrato dei veri hacker.
CH: «Insieme a Christopher McKinley, esperto e nostro consulente, sono stato in un paio di prigioni per incontrare alcuni hacker di professione. Ho cercato di indagarne la psicologia, il linguaggio, il modo di gesticolare. E naturalmente ne abbiamo approfittato anche per chiedere consigli “tecnici”, per capire fin dove potevamo spingerci senza perdere credibilità».
BM: Anche tu sei un mago della tecnologia?
CH: «Non molto, a dire il vero (ride). E adesso, grazie a Blackhat, ho capito che non posso più archiviare sul computer documenti privati con tranquillità». […]
(foto: Getty Images)
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