«Bryan è incredibilmente bravo a creare empatia tra il suo personaggio e il pubblico, ma visto il percorso di Walter White e quello che succede alla fine della quarta stagione, quell’empatia è stata veramente messa alla prova. Ci stiamo muovendo su un confine sottile, e capire fin dove ci possiamo spingere, fin dove il pubblico è disposto ad arrivare, è una cosa che mi tiene sveglio la notte».
Bryan è Bryan “Eisenberg” Cranston, in questo momento il caratterista più richiesto a Hollywood (da Rock of Ages, al remake di Total Recall, solo per citare un paio di titoli), e le parole appartengono a Vince Gilligan, il creatore di Breaking Bad, una delle serie più amate e sorprendenti mai apparse sul piccolo schermo – in Italia la trasmette il canale satellitare AXN, che sta programmando in queste settimane la quarta stagione – ora arrivata gloriosamente alla quinta e ultima season.
Con la storia di Walter White – insegnante di chimica e amorevole padre di famiglia, che si trasforma in un trafficante di metaanfetamine quando scopre di avere un tumore ai polmoni – Gilligan ha conquistato il mondo intero grazie ad un personaggio realmente ambiguo (molto più del tanto decantato Dexter, che in fondo fa sempre la figura del bravo ragazzo ammazzacattivi), stabilmente in conflitto tra l’amore per la moglie e i figli, la rabbia per una vita che gli ha riservato solo delusioni, e la voglia di dimostrarsi il migliore in tutto quello che fa, compreso il commercio di stupefacenti.
«Lo spazio che divide il Bene dal Male è un continuum, è come una freccia su cui tu ti muovi cercando di capire dove ti trovi e dove ti stai spostando. Quando lavoro con gli altri sceneggiatori della serie, abbiamo un problema al quale forse non si pensa: fino a che non sai esattamente quante stagioni ed episodi ti separano dalla fine, non puoi spingerti troppo in là né in un senso né nell’altro, perché devi lasciarti un margine di azione. Ora che sappiamo che siamo arrivati agli ultimi 16 episodi, è un po’ più facile programmare come muoversi». Anche se, aggiunge: «non abbiamo ancora deciso se alla fine il destino di Eisenberg sarà quello di redimersi, o di abbandonarsi completamente al suo lato oscuro. In ogni caso una redenzione completa ormai è oltre le sue possibilità».
Ma non è chiaro nemmeno se per il papà di un personaggio così controverso, la fine dello show sia maggiormente un dispiacere o una liberazione. «Ti posso dire che dopo un po’ diventa pesante. È un sacco di tempo che mi ritrovo a pensare come Walter White, è una cosa ossessionante, quindi non nego che c’è anche una componente di sollievo». Nonostante questo, parlare di “fine” vera e propria è ancora prematuro: «La stagione è divisa a metà, la prima parte va in onda ora e la seconda parte andrà in onda a primavera, il che naturalmente ha influenzato anche il processo creativo: è quasi come avere due stagioni differenti, e quindi due diversi cicli di episodi da gestire. Per ora abbiamo girato le prime otto puntate, e sei sono già pronte e montate».
Riguardo al tono generale di queste nuove puntate, Gilligan dice invece che «man mano che la situazione diventa più dark, più pesante emotivamente, è molto importante che aumenti anche il tasso di ironia, e a riguardo ci siamo spinti molto più in là di quanto avrei creduto possibile».
L’ultima domanda che gli facciamo, infine, per molti è anche la più attesa: ci sarà mai un film tratto dalla serie? «Mai dire mai», risponde, «ma è anche vero che tutto quel che si poteva dire sull’universo di Breaking Bad in pratica sarà detto entro la prossima primavera». Una dichiarazione improntata una volta di più alla coerenza, per un serial che visti gli ascolti avrebbe potuto proseguire ancora, e invece termina quand’è al massimo del suo splendore. Chapeau.
PS: abbiamo intervistato anche il grande Bryan Cranston (con tutta la famiglia), quindi se amate Breaking Bad non perdetevi i prossimi numeri di Best Movie in edicola…
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