Tra i tanti serial killer che hanno popolato Criminal Minds, uno in particolare è rimasto impresso nella mente degli spettatori. Con un modus operandi agghiacciante e motivazioni oscure, questa figura ha saputo distinguersi per la sua crudeltà e per la profondità del suo trauma, tanto che ancora oggi tormenta i nostri incubi.
La spietata assassina in questione è Sarah Danlin, emulatrice di Jack lo Squartatore, la cui identità viene rivelata nell’episodio 8 della seconda stagione, intitolato “Jones”. Agendo nello stile del famigerato killer, Danlin prende oggetti dalle sue vittime come souvenir e li lascia sul corpo della vittima successiva, assieme a biglietti sulla scena del crimine e a imprimere le mani delle sue vittime.
Col tempo, la sua firma evolve, avvicinandosi sempre più a quella di Jack lo Squartatore, con mutilazioni sempre più cruente. Tuttavia, a differenza del suo modello, Danlin è una vittima di ingiustizie, e sembra ricreare la propria tragedia come un modo per esprimere il suo dolore e attirare attenzione. Come molte altre assassine nella serie Criminal Minds, Danlin è una figura complessa: letale, ma al tempo stesso tragica, incapace di superare il suo trauma.
Al di là di questi parallelismi con Jack lo Squartatore, la sua patologia è più simile a quella di Aileen Wuornos: come la serial killer realmente esistita, Danlin è motivata dalla paranoia e dalla paura di essere aggredita sessualmente, e usa la promessa di sesso per avvicinare le sue vittime, per poi ucciderle. Si sente a suo agio nel ruolo di aggressore e sembra trovare conforto nell’invertire i ruoli di potere.
Un elemento significativo è la frase che scrive in una delle sue lettere: “Così tanti uomini, così poco tempo”, che suggerisce un desiderio di liberare il mondo dagli uomini, forse come reazione agli abusi subiti da suo padre. Si pensa infatti che Jack lo Squartatore mutilasse le sue vittime perché era stato aggredito sessualmente da sua madre. Nonostante la violenza con cui uccide, Danlin dimostra un aspetto curioso del suo disturbo: nelle lettere, si scusa per aver lasciato una scena del crimine disordinata. Questo dettaglio indica che non scrive per “vantarsi” degli omicidi, ma piuttosto per spiegare le sue azioni, come se volesse giustificarsi o cercare comprensione.
Danlin potrebbe vedersi come una sorta di vigilante, credendo di liberare il mondo dagli uomini violenti. Nelle sue lettere, si rivolge a William LaMontagne Sr., non perché fosse il detective del caso, ma perché pensa che lui possa capire le sue motivazioni. Potrebbe essere una prostituta o un’agente di polizia che LaMontagne ha aiutato in passato. Le frasi che scrive nelle lettere, come “Chiedeva di essere fatto a pezzi”, “Non potevo farne a meno”, “Lo voleva”, potrebbero riflettere il linguaggio degli uomini che l’hanno violentata, suggerendo che stia replicando quel trauma attraverso i suoi crimini.
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Fonte: CBR
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