Perché la Walt Disney sta continuando a rifare in live action tutti i suoi classici film d’animazione? Sono ormai diversi anni che molti spettatori se lo stanno chiedendo, anche perché ormai non passa più un singolo giorno senza che la Casa di Topolino non annunci di essere al lavoro sul remake di un altro suo cartone. Solo considerando il 2019 abbiamo già avuto Dumbo, oggi è uscito nelle sale Aladdin (qui la recensione), e prossimamente toccherà a Il Re Leone: 3 titoli tra i più grossi della major, in sostanza. È chiaro che non si tratti di un semplice trend nè di mera “mancanza d’idee originali”; gli studios, infatti, hanno delle precise intenzioni: noi abbiamo provato a riportarvi qui le più importanti.
1) I remake della casa guadagnano molto anche quando vanno al di sotto delle aspettative, e questa, pensiamo, sia la ragione principale del perché vengono fatti. La Bella e la Bestia e Alice in Wonderland hanno superato il miliardo di dollari worldwide, mentre Il libro della giungla ci si è avvicinato. Persino Dumbo, da molti ritenuto un “flop”, ha fatto comunque 347 milioni, che è più del doppio di quanto ha incassato Lo Schiaccianoci e i 4 Regni, il più recente film Disney “originale”. Insomma, perché rischiare con delle opere nuove quando il remake ti assicura già automaticamente una bella fetta di audience?
2) Rifare significa poter correggere. I tempi sono cambiati, e certe cose che c’erano nei vecchi cartoni Disney oggi non sono più accettabili. Pensiamo ai corvi che nel cartone di Dumbo svegliavano l’elefantino sbronzo: quegli animaletti, come è noto, sono modellati su degli stereotipi afro, e infatti, non esiste nulla di simile nella recente versione live action. Volete un altro esempio? Nell’imminente rifacimento “in carne e ossa” di Lilli e il Vagabondo, non ci sarà più la canzone The Siamese Cat Song, considerata una presa in giro nei confronti delle etnie asiatiche; invece, verrà sostituita da un brano di Janelle Monae. Con i loro remake, insomma, quelli della Disney hanno l’occasione di correggere i loro “precedenti errori”, rendendo i propri franchise più in linea con la morale odierna.
3) C’è chi, affrontando l’argomento, ha parlato di estensione del copyright. Eppure noi pensiamo che sia una ragione solo parziale, in quanto molti cartoni della Disney sono in verità tratti da storie ormai di dominio pubblico, e pensiamo a Il Libro della Giungla (infatti, poco dopo l’uscita del live action di Jon Favreau, a essere arrivato è un secondo film esterno alla Disney, Mowgli, diretto invece da Andy Serkis). Chiunque oggi può fare un film di La Bella e la Bestia (ricordate la versione con Lea Seydoux del 2016?), quindi citare le questioni di copyright ha senso solo fino a un certo punto. Piuttosto, parleremmo di rilanci. Ogni franchise Disney è un brand che poi viene venduto anche al di fuori del cinema, e pensiamo ai merchandising, ai libri, etc. Non è un caso, forse, che Aladdin esca proprio in questo momento, a 2 anni di distanza del tour americano della sua controparte teatrale (Aladdin: The Musical). Il remake, insomma, serve a rilanciare un determinato brand e ad aumentarne l’appeal. Far uscire un nuovo Re Leone serve anche a far rimettere nuovi pupazzi di Simba e Mufasa nei Disney Store, a vendere nuove t-shirt, nuovi cd, e magari a far conoscere il film originale del 1994 a chi era troppo piccolo allora. Serve, insomma, non tanto a prolungare eventuali diritti, bensì a estendere una “mitologia”. Che è poi, infine, la medesima logica dietro i recenti reboot di qualsiasi altro franchise cinematografico, da Jumanji a Ghostbusters.
Voi che ne pensate in proposito? Dopo Dumbo, Aladdin e Il Re Leone, ricordiamo che prossimamente usciranno poi Maleficent 2 e Mulan, mentre altri progetti sono già attualmente in fase di preparazione.
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