Il maestro Walter Hill partecipa Fuori Concorso alla 79° Mostra del Cinema di Venezia con Dead For A Dollar, western di stampo classico che segna il ritorno al genere del regista di Long Beach dai tempi di Wild Bill, datato 1995. «In un certo senso, è come se avessi girato solo western per tutta la mia carriera – ha affermato Hill in conferenza stampa – sono innamorato di quel periodo storico, adoro lavorare con il cast giusto in sella a dei cavalli in meravigliose location naturali come quelle in cui abbiamo girato il film, nei dintorni di Santa Fe. Il western è un genere di cui ormai esiste una mitopoietica universale. Voi italiani lo sapete bene, dopotutto questo è il paese che ha inventato lo spaghetti western»
Il film racconta la storia del cacciatore di taglie Max Borlund, interpretato dal due volte premio Oscar Christoph Waltz, che viene ingaggiato da un uomo facoltoso per recarsi in Messico per recuperare sua moglie Rachel (Rachel Brosnahan), apparentemente rapita e tenuta in ostaggio. E come se la missione non fosse abbastanza pericolosa, Joe Cribbens (Willem Dafoe), suo vecchio rivale, è sulle sue tracce.
«Walter mi ha mostrato la sceneggiatura e abbiamo parlato del ruolo – ha dichiarato Waltz – È stata una collaborazione molto semplice e piacevole, come quella di un maestro e di un apprendista che, piano piano, si capiscono e diventano amici. Lavorare in queste condizioni è sicuramente il sogno di ogni attore. Tutti quanti, sul set, hanno lavorato al massimo per portare sullo schermo la visione di Walter».
Il film segna anche una reunion per Walter Hill e Willem Dafoe, che non lavoravano insieme da Strade di Fuoco, del 1984: «Io e Walter abbiamo lavorato insieme su quel film quasi quarant’anni fa – ha ricordato Dafoe – quello fu il mio primo film prodotto da uno Studio hollywoodiano. In un certo senso, devo tutta la mia carriera a Walter. Ritrovarlo dopo tutti questi anni è stato bellissimo».
Pur ispirandosi ai classici del genere del passato, Hill puntava a un approccio più moderno al western. Questo aspetto si nota soprattutto nel personaggio interpretato da Rachel Brosnahan: «Io e Walter abbiamo avuto una discussione bellissima su Rachel – ha raccontato l’attrice protagonista della serie La Fantastica Signora Maisel – mi ha spiegato di voler infrangere alcune delle regole più classiche del genere, soprattutto nell’approccio al mio personaggio. Sono convinta che ogni grande storia parta dalla costruzione di grandi personaggi e, in questo caso, non potevo chiedere di meglio. C’è una scena in particolare che mi ha fatto innamorare di Rachel, nella quale riesce a essere allo stesso tempo vulnerabile e manipolativa, una dinamica che non avevo mai visto esplorare in questo modo in un film western».
Hill lavora da tempo lontano dal sistema degli Studios, con budget molto bassi che gli impongono importanti limiti produttivi. «Abbiamo girato Dead For A Dollar in venticinque giorni – ha spiegato il regista – Ho messo in campo tutti i trucchi del mestiere che conosco, soprattutto nei movimenti di macchina, per rendere le dimensioni della storia e la messa in scena degni dell’epicità del genere. Inizialmente avrei voluto girare tutto il film con la macchina a mano, ma non eravamo letteralmente in grado di permetterci le macchine da presa adatte a quello stile. In questi casi, sei obbligato a tirare fuori il meglio dalla situazione che ti trovi a gestire. Grazie all’impegno di tutti i miei collaboratori, dietro e davanti la macchina da presa, credo di essere riuscito a fare il miglior film possibile viste le limitazioni che dovevamo affrontare».
Il regista ha concluso riflettendo sulla natura stessa del cinema western e su quello che cercava di ottenere raccontando questa storia: «Narrativamente parlando, i film western presentano poche sorprese: si capisce fin da subito quale sarà il finale della storia, è raro assistere a colpi di scena e trucchi di scrittura per ingannare lo spettatore. Sono storie basate su una drammatica inevitabilità. I personaggi sono definiti dalle loro scelte e dai codici etici che decidono di seguire. Sono anche convinto che ogni buona storia finisca sempre con una lacrima, perfino se si parla di una commedia. Per questo il finale ha volutamente un’anima fortemente malinconica e nostalgica, con le didascalie che ci raccontano come le vite dei protagonisti vanno avanti dopo la fine del film fino alla fine dei loro giorni».
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Foto: Kate Green/Getty Images
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