I manga non sono più una corsa senza fine, a perdifiato, tra volumi che bisogna assolutamente recuperare e volumi che bisogna conoscere a menadito, vignetta dopo vignetta, onomatopea dopo onomatopea. I manga, oggi, sono come una tranquilla passeggiata in riva al mare, richiedono tempo e soprattutto invitano a fare le proprie scelte con attenzione: dopotutto non si può leggere qualunque cosa e qualunque autore; bisogna avere i propri preferiti, farsi un’idea, smetterla di seguire la massa, il cicaleccio dei social, le variant senza senso e il collezionismo imposto dall’alto. I manga, nella collocazione delle librerie, sono diventati uno strumento di conquista e di affermazione: tutti gli editori li vogliono, e tutti gli editori cercano di accaparrarsi i diritti di questa o quella serie.
Anche Einaudi ha stampato i suoi: l’ultima uscita, Tenui bagliori di Yamada Murasaki, è più di un classico; è una storia raccontata con un’onestà struggente, quasi brutale, che non cerca scuse e non gira intorno alle cose; è leggera come l’aria estiva, che s’appiccica sulla pelle e che al minimo soffio di vento (di vita? di emozioni? di curiosità?) ti fa tremare. Il tratto è semplicissimo e proprio per questo meraviglioso: quando non ci sono fronzoli e ghirigori dietro cui nascondersi, non rimane altro che la verità.
Insomma, è importante, a questo punto, provare a riconsiderare i manga – in realtà, sarebbe stato bene farlo prima, quando erano, per la grande editoria, una quasi novità; ma siamo in Italia, e ci vuole il tempo che ci vuole. I manga sono libri indispensabili, e vanno visti come passaggi fondamentali, di parole e disegni, all’interno della crescita e della formazione delle persone. Mettiamo da parte, per ora, le grandi saghe.
Pensiamo ai volumi unici. Showcase, la collana di Dynit di cui abbiamo già parlato altre volte su queste pagine, ha un archivio fenomenale di storie intense e appassionanti, intrise di vita quotidiana e di una commedia dolceamara che non accetta nessuna classificazione perentoria. Non c’è bianco o nero con i manga; ci sono sfumature incredibili, miste, che contengono tutto e l’opposto di tutto. Partiamo da qui. La protagonista di Undercurrent di Tetsuya Toyoda è una donna che viene abbandonata dal marito e che si ritrova a dover gestire da sola dei bagni pubblici. All’inizio va avanti più per inerzia che per altro; non sembra avere un vero obiettivo, ed è stanca – di quella stanchezza vibrante che minaccia in continuazione di farci svenire. Poi, a mano a mano che il racconto prosegue, trova un nuovo equilibrio e una nuova stabilità.
Ma è un processo lento e graduale. E intanto, mentre i ricordi riconcorrono i ricordi e le parole non dette si trasformano in rimpianti, si parla di famiglia, del ruolo della donna, di suicidio e depressione. Le pagine si accumulano, una dopo l’altra, e le vignette assumono quasi un altro ruolo e un’altra consistenza: sono fotografie istantanee; sono riflessioni condivisibili che parlano a chiunque – non a un pubblico specifico. I manga meritano di essere trattati diversamente, non solo come un fenomeno passeggero o come l’ultima moda; leggiamoli prima di parlarne, e parliamone consapevolmente quando decidiamo di farlo.
© Einaudi (3) © Dynit
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