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I fumetti stanno bene… ma per quanto ancora?

Tra aumento del costo delle materie prime e crisi dei canali di distribuzione tradizionali, anche un settore in discreta salute è costretto ad affrontare nuove sfide

I fumetti stanno bene… ma per quanto ancora?

Tra aumento del costo delle materie prime e crisi dei canali di distribuzione tradizionali, anche un settore in discreta salute è costretto ad affrontare nuove sfide

I fumetti stanno bene, e lo sappiamo.

I lettori, in questi due anni di pandemia, sembrano essere aumentati; online e sui giornali si parla sempre più spesso di manga e mangaka. Nella discussione pubblica, tra critici ed esperti, si analizzano storie e albi, e si prova a tracciare un bilancio tra classici e nuovi fenomeni.

Le case editrici, però, stanno affrontando alcuni dei problemi più gravi della storia recente. Da una parte, infatti, c’è la crisi della carta: trovare le materie prime è diventato più difficile e costoso; non tutti possono permettersela senza aumentare il prezzo dei fumetti, e non tutti, poi, sono pronti a fare una scelta. Perché alla fine – sorpresa – c’è una scelta da fare: andare avanti con le ristampe, per esempio, o concentrarsi sui nuovi titoli. Dall’altra parte, c’è la crisi distributiva: le edicole sono sempre di meno, e per chi è specializzato in serie e riviste – come, per esempio, la Sergio Bonelli Editore – questo può rappresentare un ostacolo piuttosto complicato da superare.

Nelle ultime settimane, si è parlato molto dell’editoriale di Davide Bonelli: andate sempre nelle stesse edicole, ha scritto, per permetterci di inviare le copie dei nostri fumetti nei punti vendita più attivi. Il motivo è chiaro: in questo modo non vengono sprecate risorse utili.

Diversi addetti ai lavori hanno provato a raccontare la situazione. In fumetteria e in libreria le cose vanno bene. Gli editori di manga hanno capito il ruolo strategico delle librerie, e hanno cominciato a investire sempre di più in questo ramo della distribuzione. Parallelamente, anche gli shop online sono cresciuti: le richieste dei lettori sono più facili da organizzare, i costi sono relativamente contenuti, e di rado vengono stampate copie in eccesso.

Questo approccio, però, ha altre conseguenze. Gli eventi – fiere, festival, incontri – rischiano di perdere la loro centralità nel mercato del fumetto.

Sempre meno editori sono disposti a investire in stand e allestimenti. Servono troppi soldi, e spesso queste spese non vengono minimamente ripagate.

Per le varie organizzazioni questa può essere l’ennesima sfida o, al contrario, una possibilità da sfruttare per reinventarsi e ristrutturarsi. Non tutti, ovviamente, sono così pronti a rivedere il proprio modello e i propri obiettivi. I due problemi di cui parlavamo prima resistono. Un’idea – già avanzata e discussa in altre sedi – potrebbe essere quella di investire nel digitale, sviluppando nuovi spazi e formando nuove professionalità. Alcuni editori, come Shockdom, lo fanno da diversi anni. Addirittura, è stata lanciata una piattaforma streaming chiamata YEP!. Altre realtà, invece, sembrano essere ancora fortemente radicate nella tradizione della carta. Ci vorrà del tempo, come per tutte le cose.

Ma il digitale può essere una risposta anche a un altro problema, a volte sottovalutato: la pirateria. I fumetti stanno bene, è vero: ma per quanto tempo ancora?

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