La crisi del fumetto in Italia
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La crisi del fumetto in Italia

Viviamo in una bolla, non ce ne siamo ancora accorti oppure facciamo finta di niente, e la responsabilità è un po’ di tutti

La crisi del fumetto in Italia

Viviamo in una bolla, non ce ne siamo ancora accorti oppure facciamo finta di niente, e la responsabilità è un po’ di tutti

Il fumetto in Italia arranca. O meglio: a leggere i dati, le classifiche e i report sulle vendite, sembra godere di ottima salute. E in parte è così: i manga continuano ad andare bene; i fumetti per ragazzi sono tornati di moda; le librerie hanno riadattato parte dei loro spazi per ospitare pubblicazioni più o meno nuove. Eppure c’è anche un altro discorso che merita di essere fatto. E cioè quello che riguarda il rallentamento evidente nella crescita e nella diffusione di determinati titoli.

A parte rare eccezioni, di cui abbiamo già parlato su queste pagine, il fumetto italiano – sviluppato, prodotto, edito e creato in Italia – fa una fatica enorme. Sono pochi gli autori che riescono a vivere più che dignitosamente del proprio lavoro. E sono ancora di meno quegli autori che riescono ad accedere a contratti equilibrati. Stiamo vivendo in una bolla, e ancora non ce ne siamo accorti. Molti editori pensano che la mossa migliore sia insistere con le variant, appigliandosi a un non bene identificato spirito collezionista. Ma non hanno capito (o, molto più probabilmente, fanno finta di non capire) che il mercato è saturo, che le risorse dei lettori, per quanto appassionati, sono destinate a diminuire (e, in parte, stanno già diminuendo). Non si può costruire la propria proposta editoriale sull’eccezionalità. Serve costanza, e la costanza passa dalla cura delle edizioni e delle traduzioni e dal modo stesso in cui ci si interfaccia con gli altri. Vendere online, oramai, è diventato estremamente vantaggioso. Non ci sono costi particolari da sostenere (al di là, ovviamente, delle spedizioni, spesso a carico degli stessi lettori) e non bisogna interfacciarsi con intermediari – fumetterie e librerie – che hanno delle necessità specifiche.

I grossi editori, come Mondadori e Feltrinelli, sembrano avere più di qualche difficoltà nel mettere a fuoco una linea editoriale: stampano, e a volte stampano tanto, e ai lettori e agli autori viene dato relativamente poco spazio per approfondire. (Piccola nota: Feltrinelli ha la sua collana, Feltrinelli Comics; Mondadori, di fatto, possiede Star Comics, Oscar Ink e Rizzoli Lizard). Un’altra parte importante di questo discorso riguarda le fiere che vengono organizzate ogni anno e che si occupano di fumetto. Oramai, anche in questo caso, si vive di eccezionalità. E quindi quello che conta è il grande annuncio, con tanto di conferenza stampa. Ancora una volta vengono ignorati i due motori principali del mercato: i lettori e gli autori.

Ai primi non vengono offerti reali vantaggi (perché andare in una fiera, pagando decine e decine di euro di biglietto, senza nemmeno considerare il viaggio e il pernottamento, per avere qualcosa che si può ottenere, in modo decisamente più immediato e facile, online?). E ai secondi non vengono date delle reali garanzie (chi si occupa dell’ospitalità? Quali sono gli spazi, qual è la visibilità?). Ci troviamo nel bel mezzo di una tempesta, che viene mitigata solo apparentemente dai dati, dai numeri e dai guadagni. Mancano punti di riferimento, sia editoriali che critici, e manca soprattutto una visione di insieme: continuiamo a muoverci in modo indipendente, ognuno per conto suo, dimenticando che le difficoltà dell’altro possono diventare un problema per tutti.

 

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