Dopo la conferenza che ha visto come protagoniste Margaret Qualley, Tessa Thompson e Hunter Schafer, un altro trio di giovani e talentuose attrici ha preso parte agli incontri con il pubblico organizzati da Miu Miu Women’s Tale. Diana Silvers (apprezzata recentemente in Glass di M. Night Shyamalan e nella commedia La rivincita delle sfigate, diretta da Olivia Wilde), Brit Marling (sceneggiatrice e protagonista della serie Netflix The OA) e Lucy Boynton (presente in Assassinio sull’Orient Express di Kenneth Branagh ma soprattutto nel film campione d’incassi Bohemian Rhapsody, dove ha conosciuto il suo attuale fidanzato, Rami Malek, in pausa dalle riprese del nuovo 007 in cui veste i ruoli del villain e giunto a Venezia proprio per accompagnare la ragazza) si sono alternate raccontando le loro (sinora) brevi ma più che promettenti carriere senza perdere l’occasione di riflettere sulle problematiche in cui le donne incappano quotidianamente nella grande macchina produttiva di Hollywood.
«La passione per questo mestiere l’ho covata sin da bambina» racconta Lucy Boynton. «Avevo dodici anni quando mi sono presentata al provino per Harry Potter. C’era una realtà sospesa e magica, mi ci sono innamorata follemente e ho deciso che sarebbe dovuto diventare il mio lavoro. Dal giorno dopo, non volevo più andare a scuola».
Anche Diana Silvers svela che proprio a quell’età ha deciso di diventare un’attrice. «Quando a dodici anni ho fatto il mio primo provino – ricorda – ho capito che il cinema sarebbe diventato più che un hobby. Quello che faccio è tutto per me, non ho mai avuto un piano di scorta. Se uno dei nostri film può aiutare anche solo una persona a stare bene o, semplicemente, a emozionarsi, allora sarà valsa la pena averlo fatto e insistere per realizzarne un altro».
La carriera delle tre interpreti sta viaggiando a vele spiegate. Tutte però covano il desiderio di poter essere dirette da donne non solo per via del maggiore tatto e sensibilità che le registe potrebbero offrire nei confronti degli interpreti, ma anche per smuovere ulteriormente le acque di un’industria troppo ingessata e maschilista. «Vorrei lavorare con Jane Campion – confessa Brit Marling – una grande femminista che non si fa umiliare o abbattere».
La scelta di Diana Silvers invece ricade su Kathryn Bigelow mentre Lucy Boynton non ha alcun dubbio, le piacerebbe essere diretta proprio da Brit Marling: «ho visto i prodotti che hai scritto, come The OA o Sound of My Voice. Li ho amati, hai una sensibilità particolare quindi vorrei davvero collaborare a un tuo progetto». A questo proposito, Brit Marling ha proposto una riflessione molto interessante sulla difficoltà delle donne nello scrivere buone sceneggiature. «Dobbiamo essere oneste – spiega l’attrice e sceneggiatrice – le donne per decenni sono state tenute fuori da questo settore. Ho cercato firme femminili, magari giovani, ma sono difficili da trovare. Alle donne viene lasciato poco spazio e quindi le sceneggiatrici non riescono a fare esperienza, a migliorarsi e avere una buona occasione per emergere. La conseguenza di tutto ciò è che i ruoli femminili vengono scritti in relazione alla figura maschile perché, naturalmente, ognuno è portato a scrivere secondo la propria esperienza personale. Se quindi tutti i copioni sono firmati da uomini, allora ecco che sullo schermo avremo restituita una visione maschilista della storia narrata. Un vero peccato, perché di talenti femminili ce ne sono eccome, ci vuole solo coraggio nello scovarli. Prendete, ad esempio, il lavoro di Phoebe Waller-Bridge. Ha scritto e interpretato divinamente la serie Fleabag».
Diana Silvers si accoda al discorso confermando quanto sostenuto dalla collega. Reduce dalla lavorazione sul set de La rivincitadelle sfigate, l’interprete ricorda quei giorni come qualcosa di unico proprio grazie all’esperienza di Olivia Wilde, una donna prima ancora che una regista con un trascorso di attrice. «Essere diretti da una donna – afferma Diane Silvers – ti fa sentire più a tuo agio, inoltre la professionalità di Olivia è invidiabile ed è stato bellissimo lasciarsi aiutare da lei».
Le stesse sensazioni che ha provato anche Lucy Boynton agli inizi del suo percorso, da bambina, sul set di Ballet Shoes dove è stata diretta da Sandra Goldbacher. «Capiva l’esperienza delle donne in tutte le sfere – ricorda l’attrice – anche sul set. Sandra mi ha insegnato ad assorbire ogni dettaglio, come una spugna, a imparare a collaborare con tutti e a essere pragmatici e istintivi per risolvere i problemi».
Foto: © Miu Miu
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