“He’s my mentor”. Usa queste parole Channing Tatum per definire Dito Montiel, il regista che l’ha scoperto e lanciato cinque anni fa con La guida per riconoscere i tuoi santi, e con cui ora è tornato al Sundance per presentare il thriller The Son of No One, in cui recita al fianco di Al Pacino, Ray Liotta, Juliette Binoche e Katie Holmes.
Channing, a Hollywood, è senz’altro l’attore del momento: ha sette film in uscita nei prossimi diciotto mesi – a partire dalla commedia The Dilemma con Vince Vaughn e Kevin James, e dall’action The Eagle – e incarna quell’ideale di bellezza proletaria e ipervitaminica che genera fenomeni di isteria collettiva nelle adolescenti americane. Biondissimo, muscoloso, vagamente bovino, Channing sembra il quarterback di una squadra di football e se oggi un produttore cerca un soldato o un guerriero, il suo nome è sempre il primo sulla lista. Non a caso l’abbiamo già visto in film come G.I. Joe, Fighting (sempre diretto da Montiel) e Dear John, e non a caso nell’imminente The eagle è un combattente dell’antica Roma e passa quasi tutto il film a torso nudo, sventolando spada e scudo.
A vederlo dal vivo, con i jeans slavati che si afflosciano pesanti sulle scarpe da tennis, e la coppola calcata un pò storta sulla testa, Channing sembra il fratello piccolo e un pò sbruffone di Mark Whalberg. “Dito mi ha mandato una mail alla tre e mezza di mattina, è una cosa che fa spesso (ride)… Diceva che dovevo vedere subito un certo video su You Tube”, spiega, raccontando come è nata la terza collaborazione con il regista. “Era il video di un uomo rimasto chiuso in un ascensore per 48 ore e ripreso dalla piccola telecamera della cabina”.
In The Son of No One Channing interpreta Milk, un ragazzino cresciuto in un quartiere malfamato del Queens che si porta sulla coscienza il peso di due morti. Protetto da un poliziotto, Milk si costruisce una carriera nell’arma e una famiglia all’ombra di quel segreto, fino a che qualcuno non inizia a ricattarlo, facendogli pervenire dei messaggi anonimi in cui afferma di sapere cosa ha fatto quindici anni prima. “L’uomo nell’ascensore non faceva altro che sedersi, rialzarsi in piedi, camminare in tondo o stringersi la testa tra le mani. Dovevo sentirmi così anch’io: intrappolato e senza la possibilità di fare nulla”.
Al Pacino e Channing Tatum in The Son of No One
Qui al Sundance il film ha avuto un’accoglienza piuttosto fredda, per usare un eufemismo: le stroncature sono state quasi unanimi. In particolare non è andata giù a nessuno la scelta di montare l’ultima sequenza, quella della resa dei conti, come una serie di istantanee, quasi dei fermo immagine, alternate a momenti in cui lo schermo è completamente bianco. Addirittura era stata fatta circolare voce che, alla proiezione stampa, molti se ne fossero andati prima della fine. Al riguardo Dito è piuttosto secco: “Sono tutte stupidaggini. È un grande film. Di certo, però, mi sono tirato giù qualche nome…” dice con un ghigno sarcastico che, con quei bicipiti da culturista e le rughe lunghe e nette che gli segnano il volto, assume sfumature impreviste.
Quel che invece gli dà maggior soddisfazione è la consapevolezza di avere, negli ultimi anni, lanciato o rilanciato la carriera di grandi star. “Fa un certo effetto pensare che La guida per riconoscere i tuoi santi oggi può essere presentato come il film in cui recitano Iron Man, il ragazzo di Transformers e quello di G.I. Joe (si riferisce a Robert Downey Jr., Shia LeBeouf e a Channing, nessuno dei quali all’epoca era sulla cresta dell’onda, NdR)”.
The Son of No One inizia dunque da qui la sua corsa alla ricerca di compratori, che lo distribuiscano prima negli States e poi nel mondo.
E nonostante le cattive recensioni, visto il cast non dovrebbe avere problemi.
Sotto, il trailer di The Son of No One: