Diario dal Sundance - Prima puntata: Nella neve fino al collo
telegram

Diario dal Sundance – Prima puntata: Nella neve fino al collo

Il nostro inviato nello Utah ci racconta giorno per giorno il Festival di Robert Redford, la più importante vetrina mondiale per il cinema indipendente. In attesa dei primi film, ecco come si presenta Park City: 2000 metri di altezza e una bufera dietro l'altra

Diario dal Sundance – Prima puntata: Nella neve fino al collo

Il nostro inviato nello Utah ci racconta giorno per giorno il Festival di Robert Redford, la più importante vetrina mondiale per il cinema indipendente. In attesa dei primi film, ecco come si presenta Park City: 2000 metri di altezza e una bufera dietro l'altra

Quando alle sei del mattino (le 14 in Italia) il fuso orario mi strappa al sonno, apro le tende e nella penombra dell’alba distinguo questo genere di panorama: un abete china il capo sotto il peso della neve, mentre oltre lo steccato che delimita il cortile immacolato, strisce di strada fangosa si incrociano fino alla linea retta e trafficata della Interstate 80. Ovunque è bianco, con il cielo in perenne minaccia di bufera che sfuma nel terreno ghiacciato.

Sono a Park City, Utah, città piccola per quanto può esserlo una città americana, a meno di mezz’ora di macchina da Salt Lake City. Qui, dal 1991, si svolge il Sundance Film festival – ex Utah Film Festival – divenuto negli anni la più importante vetrina mondiale per il cinema indipendente grazie alla passione e alle conoscenze del suo fondatore Robert Redford.

Nonostante questo la città, oltre 2100 metri di altitudine, è celebre soprattutto per le sue piste da sci, tanto che quando a Ney York mi presento alla dogana e dichiaro la mia destinazione finale, il funzionario mi sorride e chiede “Snowboarder?”. Io gli rispondo che devo seguire il Sundance Festival, ma lui non sa nemmeno di cosa stia parlando. Tutto è relativo.

Il primo giorno trascorre tra formalità burocratiche (il ritiro dell’accredito, la richiesta di biglietti per proiezioni non comprese nel programma stampa) e necessità esplorative: la città è lunga e stretta e si articola in grossi blocchi residenziali separati da ampie pianure e rilievi collinari. Le sale sono sparse ovunque, mentre il cuore della vita mondana batte a sud, lungo la colorata Main Street, dove negozi, pub, steak house e discoteche, si alternano ai ritrovi ufficiali della manifestazione. Qui, la sera, vanno in scena i parties con le star e la strada si anima del brulicare dei taxi e dei curiosi.

Una rete di autobus congiunge i quattro angoli della città con puntualità disarmante: la gente si presenta alle fermate solo in corrispondenza al minutaggio promesso dai cartelli e le vetture passano esattamente quando è previsto.
In compenso due mappe sono state invertite per errore e io rischio seriamente di finire al lato opposto della città: mi salva uno dei tanti ragazzi reduci dalle piste, tavola in spalla e faccia rossa per il freddo.

Il tempo è sempre incerto, e sprazzi di sole limpidissimo si alternano a nevicate così violente che se aprite la bocca ve la ritrovate piena d’acqua nel giro di un batter d’occhio. A volte, poi, il sole e la neve si prendono a braccetto, illuminando il panorama di rapidissimi bagliori intermittenti.
Stasera iniziano le proiezioni. Si comincia alle 20 e si finisce a mezzanotte. Per il mio cervello, si comincia alle 4 di mattina e si finisce alle otto. Speriamo di restare svegli.

Continua a leggere il Diario dal Sundance

© RIPRODUZIONE RISERVATA