Quando alle sei del mattino (le 14 in Italia) il fuso orario mi strappa al sonno, apro le tende e nella penombra dell’alba distinguo questo genere di panorama: un abete china il capo sotto il peso della neve, mentre oltre lo steccato che delimita il cortile immacolato, strisce di strada fangosa si incrociano fino alla linea retta e trafficata della Interstate 80. Ovunque è bianco, con il cielo in perenne minaccia di bufera che sfuma nel terreno ghiacciato.
Sono a Park City, Utah, città piccola per quanto può esserlo una città americana, a meno di mezz’ora di macchina da Salt Lake City. Qui, dal 1991, si svolge il Sundance Film festival – ex Utah Film Festival – divenuto negli anni la più importante vetrina mondiale per il cinema indipendente grazie alla passione e alle conoscenze del suo fondatore Robert Redford.
Nonostante questo la città, oltre 2100 metri di altitudine, è celebre soprattutto per le sue piste da sci, tanto che quando a Ney York mi presento alla dogana e dichiaro la mia destinazione finale, il funzionario mi sorride e chiede “Snowboarder?”. Io gli rispondo che devo seguire il Sundance Festival, ma lui non sa nemmeno di cosa stia parlando. Tutto è relativo.
Il primo giorno trascorre tra formalità burocratiche (il ritiro dell’accredito, la richiesta di biglietti per proiezioni non comprese nel programma stampa) e necessità esplorative: la città è lunga e stretta e si articola in grossi blocchi residenziali separati da ampie pianure e rilievi collinari. Le sale sono sparse ovunque, mentre il cuore della vita mondana batte a sud, lungo la colorata Main Street, dove negozi, pub, steak house e discoteche, si alternano ai ritrovi ufficiali della manifestazione. Qui, la sera, vanno in scena i parties con le star e la strada si anima del brulicare dei taxi e dei curiosi.
Una rete di autobus congiunge i quattro angoli della città con puntualità disarmante: la gente si presenta alle fermate solo in corrispondenza al minutaggio promesso dai cartelli e le vetture passano esattamente quando è previsto.
In compenso due mappe sono state invertite per errore e io rischio seriamente di finire al lato opposto della città: mi salva uno dei tanti ragazzi reduci dalle piste, tavola in spalla e faccia rossa per il freddo.
Il tempo è sempre incerto, e sprazzi di sole limpidissimo si alternano a nevicate così violente che se aprite la bocca ve la ritrovate piena d’acqua nel giro di un batter d’occhio. A volte, poi, il sole e la neve si prendono a braccetto, illuminando il panorama di rapidissimi bagliori intermittenti.
Stasera iniziano le proiezioni. Si comincia alle 20 e si finisce a mezzanotte. Per il mio cervello, si comincia alle 4 di mattina e si finisce alle otto. Speriamo di restare svegli.