Raggiungiamo Claudio Santamaria mentre è in tournée con il suo suo spettacolo teatrale Occidente solitario, storia di due fratelli in guerra tra loro al fianco di Filippo Nigro. Il teatro è la grande passione dell’attore romano, a cui costantemente affianca grandi progetti cinematografici come Diaz, in uscita il 13 aprile. Nel film di Daniele Vicari, presentato con grande successo al Festival di Berlino e proprio ieri al Festival di Bari, Santamaria interpreta il ruolo di un celerino che riesce a porre uno stop alle violenze dei suoi colleghi presso l’istitutto scolastico della Diaz durante il Genoa Social Forum del 2001. Un ruolo delicato e dai toni bassi di cui l’attore ci ha parlato con grande emozione.
BM: C’è voluto un metodo alla Actors’ Studio per prepararsi a questo film?
C.S.: «Mi sono documentato attraverso i libri A.C.A.B., che ha fatto da base al recente film di Sollima, e Genova sembrava d’oro e d’argento, di Giacomo Gensini, un ex celerino. Ho lavorato molto sulla preparazione fisica con un personal trainer perché ho capito di dover avere un altro corpo, “massiccio”. Mi allenavo sulla spiaggia, ho fatto pesi, corsa, nuoto e poi ho giocato a rugby, perché per i celerini lo spirito di squadra è fondamentale».
BM: Che cosa si prova a recitare un ruolo che non è di fiction, ma che si riferisce a un fatto storico realmente accaduto e così tragico?
C.S.:«Questo film è una martellata allo stomaco. Molte volte faticavamo a sostenere le scene emotivamente. Quando poi l’ho visto la prima volta, ho avuto i brividi e piangevo. Per la prima volta non sono stato lì a vivisezionare il mio lavoro. Questo film spazza via l’individualismo. E ogni volta è la stessa cosa. A Berlino poi, tra il pubblico, c’erano 40 ragazzi tedeschi che avevano subito le violenze ed è stato un altro scossone. E’ una ferita ancora aperta ed è importante che per una volta non si sia fatto un film così quando le vittime sono già morte. Saremmo ancora in tempo a chiedere scusa».
BM: L’unico poliziotto che si oppone alle violenze…
C:S:: «Non è un eroe. Fa il suo dovere. Quando capisce che non è uno scontro con dei violenti, ma un pestaggio gratuito in cui potrebbe scapparci il morto, ferma i colleghi».
BM: Come si riesce poi a entrate in un personaggio cattivissimo come nel nuovo spettacolo teatrale, Occidente solitario?
C.S.: «Io e Filippo Nigro, mio fratello nello spettacolo, abbiamo fatto un lavoro sull’animalità. Ognuno di noi ha lavorato sull’energia di uno specifico animale. Io mi sono ispirato a un gorilla, perché il mio personaggio è dominato da istinti molto bassi: mangiare, bere, evacuare, difendere il proprio territorio…».
BM: A giugno poi c’è il capitolo conclusivo de Il cavaliere oscuro di Nolan da doppiare. Pronto?
C.S.: «Assolutamente. La prima volta è stato complicato perché non avevo mai fatto un lavoro del genere. La seconda volta è andata meglio. Questa volta sono sicuro che raggiungerò la perfezione».
BM: Dall’altra parte, dopo il Joker, c’è un villain come Bane.
C.S.: «L’ho visto, l’ho visto. E’ un tipo tosto, ma sono sicuro che il mio Batman alla fine avrà la meglio».
Santamaria: da celerino pentito a Cavaliere oscuro
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