Django Unchained, intervista esclusiva a Christoph Waltz: «L'America? Puritanesimo e ultraviolenza!»
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Django Unchained, intervista esclusiva a Christoph Waltz: «L’America? Puritanesimo e ultraviolenza!»

L'attore tedesco, appena premiato con il Golden Globe, ci racconta il suo personaggio nel capolavoro western di Tarantino

Django Unchained, intervista esclusiva a Christoph Waltz: «L’America? Puritanesimo e ultraviolenza!»

L'attore tedesco, appena premiato con il Golden Globe, ci racconta il suo personaggio nel capolavoro western di Tarantino

Christoph Waltz sta diventando più che l’attore feticcio di Quentin Tarantino: sta diventando il suo alter ego. Dopo Bastardi senza gloria e Django Unchained è infatti chiaro che il regista di Pulp Fiction ha individuato nell’interprete austriaco, nel suo tono di voce, e nel suo talento per una recitazione realista e teatrale al contempo (un paradosso che solo lui sembra rendere possibile), l’incarnazione perfetta dei suoi dialoghi barocchi, del suo stesso modo di guardare alla realtà. Quando inizia Django Unchained, basta osservare per cinque minuti il personaggio del dentista-cacciatore di taglie Dr. King Schultz, il modo in cui entra in scena per liberare Django – compiendo allo stesso tempo una carneficina e un prodigio di dialettica – per rendersi conto che il binomio Waltz-Tarantino porterà anche quest’anno a una pioggia di premi. E la prima conferma la si è avuta ai Golden Globe 2013, dove entrambi sono stati premiati: l’attore per la miglior performance da non protagonista, e l’autore per la miglior sceneggiatura. Replicheranno anche agli Oscar?
Qualche mese fa, a San Diego, Best Movie ha incontrato in esclusiva italiana Christoph Waltz per parlare del film e del suo ruolo. All’epoca l’attore era ancora impegnato nelle ultime riprese del film, e sfoggiava un’impressionante barba brizzolata. Ecco quello che ci ha detto.

Che cosa ha imparato da questo film?
«Innanzitutto che è diverso girare negli Stati Uniti rispetto all’Europa, dove mi sento a casa, mentre qui non siamo nel mio territorio. Ma la storia che raccontiamo aveva bisogno di essere girata qui e richiede diversi livelli di attenzione: ci stavamo confrontando con un capitolo della storia americana, e non parlo solo della schiavitù, ma dell’America prima della guerra civile, almeno quello che ho capito io di quell’America».

Cosa pensa invece dell’America di oggi?
«La mia visione dell’America di oggi dipende molto dal suo background culturale, che mi ha aiutato a capire molte cose che prima non riuscivo a comprendere. Per esempio, perché sono ossessionati dalla censura per la nudità, ma poi non hanno problemi a mostrare il sangue, anche ai bambini che secondo loro “devono capire che la vita è dura”. L’America è un maldestro miscuglio di puritanesimo e ultraviolenza. Non riuscivo a capire questa ossessione per le armi, so che è lì un diritto costituzionale e che la costituzione americana è considerata un modello da seguire… ma nel diciottesimo secolo! Ora sono passati trecento anni, e forse bisognerebbe introdurre qualche nuovo emendamento a riguardo».

Il suo personaggio è un tedesco, ma stavolta non un tedesco stereotipato, come in Bastardi senza gloria: è un duro, ma in fondo è un bravo ragazzo…
«Potrei parlare a lungo dell’idea sbagliata che gli americani hanno di noi tedeschi. C’è un dettaglio di cui mi ero già accorto al tempo di Bastardi senza gloria: nella cultura americana c’è un’idea semplicistica di morale. Si decide a prescindere chi è buono e chi è cattivo, e una volta trovata la risposta, le si resta ancorati, anche se non si sa cosa significhi in realtà. Questo per evitare di dover pensare troppo. Un bravo ragazzo che è anche un duro? E’ una definizione che mi confonde un po’. Io preferisco essere più preciso quando penso a queste cose, e separare i singoli ingredienti piuttosto che guardare solo l’insieme».

Allora, mettiamola così: ritiene che il suo personaggio in Django Unchained sia da considerarsi un personaggio positivo o negativo?
«Nei film di Quentin il confine è sempre labile, e Bastardi senza gloria ne è un buon esempio: in Django teoricamente sono un buono, ma uccido molta più gente di quanta ne uccidessi in Bastardi senza gloria, dove ero il cattivo. Una vostra collega ha confuso i due ruoli in un certo senso, pensavo non sapesse di quale personaggio stesse parlando quando mi ha chiesto “se sei buono, perché infliggi così tanto dolore a tutti?”».

Django Unchained è una storia di vendetta. Lei è un tipo vendicativo?
«La vendetta è uno dei temi ricorrenti nei film di Quentin. Personalmente, la vendetta non mi interessa granché. In una storia invece sì: aiuta lo spettatore a fare una scelta morale, a decidere da che parte stare».

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