Dopo aver visto questo horror norvegese, non guarderete mai più i bambini con gli stessi occhi
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Dopo aver visto questo horror norvegese, non guarderete mai più i bambini con gli stessi occhi

Un ribaltamento radicale dell’iconografia dell’infanzia: qui l’innocenza non è purezza, ma mancanza di consapevolezza

Dopo aver visto questo horror norvegese, non guarderete mai più i bambini con gli stessi occhi

Un ribaltamento radicale dell’iconografia dell’infanzia: qui l’innocenza non è purezza, ma mancanza di consapevolezza

Una scena del film horror The Innocents

Chi pensa che l’horror debba necessariamente far ricorso a mostri, demoni o serial killer per terrorizzare lo spettatore, non ha ancora visto The Innocents di Eskil Vogt. Questo film norvegese del 2021, passato un po’ in sordina ma osannato da pubblico e critica, è un esempio perfetto di come l’orrore più inquietante possa nascere dalla realtà quotidiana. E, soprattutto, dai bambini.

Ambientato in un tranquillo complesso residenziale alla periferia di una città scandinava, durante un’estate apparentemente serena, il film segue un gruppo di bambini che scopre di avere poteri paranormali. Ma non aspettatevi l’epica di Stranger Things o le atmosfere da fumetto Marvel. Qui, i poteri non sono dono né maledizione: sono solo strumenti, messi nelle mani sbagliate — quelle di chi non ha ancora sviluppato una piena coscienza morale.

Ida (interpretata con sconcertante intensità da Rakel Lenora Fløttum) è una bambina solitaria, costretta a prendersi cura della sorella autistica Anna. Fin dalle prime scene, emerge un ritratto disturbante dell’infanzia: Ida è frustrata, rabbiosa, e finisce per infliggere piccole crudeltà alla sorella, come metterle pezzi di vetro nelle scarpe. Non c’è nessuna spiegazione fantastica dietro le sue azioni: solo rabbia, disorientamento e quella confusione emotiva che molti bambini provano e non sanno gestire.

Nel nuovo quartiere, Ida stringe amicizia con Ben, un altro bambino apparentemente introverso ma ben presto rivelatosi imprevedibile e pericoloso. Quando i poteri iniziano a manifestarsi – telecinesi, controllo mentale, empatia sensoriale – si aprono scenari sempre più inquietanti. Il film non fa sconti: un pentolone lanciato in testa alla madre, gambe spezzate con la forza del pensiero, e persino una scena in cui una madre viene costretta a pugnalare la propria figlia. Sono momenti brutali, resi ancora più scioccanti dal fatto che a provocarli è un bambino.

Ma The Innocents non è un horror splatter né un esercizio gratuito di sadismo: è un’analisi spietata della moralità infantile. I bambini del film non sono né buoni né cattivi: sono semplicemente… bambini. Creature in fase di costruzione, ancora incapaci di distinguere fino in fondo giusto e sbagliato, e per questo potenzialmente pericolose. È un ribaltamento radicale dell’iconografia dell’infanzia: qui l’innocenza non è purezza, ma mancanza di consapevolezza. E quindi terreno fertile per gesti crudeli.

Lo stile visivo del film sottolinea questo senso di smarrimento: il lavoro del direttore della fotografia Sturla Brandth Grøvlen è straordinario. Lenti movimenti di macchina, inquadrature strette che seguono i volti dei bambini, si alternano a campi lunghi che rendono il mondo adulto lontano, incomprensibile, quasi assente. Gli adulti, infatti, sono comparse. Non vedono, non capiscono, non intervengono. L’infanzia è lasciata sola a gestire poteri troppo grandi e sentimenti troppo intensi.

A differenza di molti film horror, qui non ci sono spiegazioni rassicuranti: nessuno è posseduto, nessuno è stato maledetto. Il male non viene da fuori, ma da dentro. Da un cuore troppo giovane per sapere che cosa farsene del dolore. E anche quando, nel finale, Ida sembra finalmente comprendere la gravità di ciò che è accaduto e sceglie una strada diversa, la sensazione è che l’orrore non sia finito. Forse, è appena cominciato. Perché crescere significa anche imparare a convivere con la colpa, con il rimorso, con l’ombra di ciò che si è stati.

The Innocents è un film difficile, disturbante e allo stesso tempo profondamente umano. Non è solo un horror, ma una riflessione profonda sull’età dell’innocenza e sul sottile confine tra empatia e indifferenza. È una storia che costringe lo spettatore a guardare l’infanzia con occhi diversi, forse per la prima volta. E dopo averlo visto, sarà impossibile non ripensare a quegli sguardi infantili che, dietro l’apparente dolcezza, potrebbero nascondere abissi insondabili.

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Fonte: Collider

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