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Non chiamatelo L’esorcista

Bastava dargli un altro titolo e Il credente sarebbe stato percepito come un film slegato dal capolavoro di Friedkin. Così non regge il paragone, anche se come horror funziona

Non chiamatelo L’esorcista

Bastava dargli un altro titolo e Il credente sarebbe stato percepito come un film slegato dal capolavoro di Friedkin. Così non regge il paragone, anche se come horror funziona

Inizio questa recensione chiedendo scusa. Scusa, perché mi sto per accingere a fare dei paragoni ingiusti, violenti e forse disonesti, ma non me ne prendo tutte le colpe, non sono stata io a voler intitolare questo film L’esorcista: Il credente. L’esorcista, uscito nel 1973 e diretto da William Friedkin, rimane uno dei film horror più iconici di tutti i tempi. Anche oggi, a cinquant’anni dalla sua uscita, il film mantiene il suo potere di spaventare il pubblico. La storia di una madre che cerca disperatamente di aiutare sua figlia posseduta dal demonio è ancora avvincente e angosciante. Gli effetti speciali potrebbero sembrare datati rispetto agli standard odierni, ma la tensione psicologica e la regia di Friedkin mantengono il film sul filo di una tensione perfetta e (spiace dirlo) irripetibile. Questo capolavoro dimostra che una grande storia, una regia intelligente e una recitazione convincente possono superare il bisogno di effetti speciali moderni e di buonismo a tutti i costi. E ora veniamo a noi. L’esorcista: Il credente è un buon film fino a metà, fino all’arrivo di Ellen Burstyn (non vi spoilero nulla, c’è nel trailer). Da quel momento in poi diventa un rincorrere per citazioni il primo capolavoro, rincorrerlo senza riuscire mai a prenderlo. Il cameo, che si dice diventerà una parte principale nei prossimi due episodi, è raffazzonato e fastidiosamente estetizzante, e fa crollare la tensione perfetta che fino a quel momento era stata creata da David Gordon Green. Mentirei se dicessi che non ci sono dei momenti validissimi che valgono il biglietto, ma non riesco a smettere di pensare che, se non avessero dichiarato d’essere il sequel di quel capolavoro che è L’esorcista, e avessero optato per un titolo slegato tipo La scelta, allora l’avrei considerato un film più che buono. Non a livello di Talk to Me, ma quasi. E quindi mi chiedo: serve cercare la scia, ancora segnatissima, del primo capolavoro rischiando di deludere tutti, sapendo che dovranno uscire ancora due capitoli? Sì, serve. Perché c’è carenza di buoni horror. Ne escono un paio l’anno fatti bene e questa carenza è straziante. E quindi non sarà un 5, ma se siamo abituati a un 1, questo 3 è grasso che cola.

(1), Universal Pictures, Blumhouse Productions, Morgan Creek Entertainment (1)

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