Léa Seydoux, nel 2013 trionfò al Festival di Cannes vincendo la Palma d’oro insieme alla co-protagonista de La vita di Adele, Adèle Exarchopoulos, in una circostanza più unica che rara in cui a essere premiato non fu solo il film ma anche le sue interpreti.
A distanza di molti anni da quel celebre titolo e da quel trionfo nel prestigioso festival francese, però, l’interprete è tornata a parlare più volte e in termini nient’affatto lusinghieri del clima in cui si svolse la lavorazione sul set e dell’approccio del regista, il cineasta franco-tunisino Abdellatif Kechiche, il cui ultimo film, Mektoub: My Love Intermezzo, è ancora inedito ed era stato investito sulla Croisette da moltissime polemiche per una lunga sequenza di sesso orale non simulato.
In una nuova intervista in cui le si chiedeva se la figura del coordinatore d’intimità sui set, introdotto nella Hollywood post-Weinstein, avrebbe potuto cambiare le condizioni in cui si svolsero quelle riprese, l’attrice ha risposto laconica ai microfoni del The Hollywood Reporter: «No, sarebbe stato inutile. Era l’intero film, non soltanto le scene di sesso. La maniera nella quale abbiamo girato quel film è stata pazzesca. Il regista è semplicemente matto…».
In passato l’attrice aveva riferito a Variety di come le riprese erano state durissime, con 100 riprese e 10 giorni di girato solo per realizzare la lunga scene di amore fisico tra le due protagoniste: «Le riprese sono state dure, oppressive. Gli piace lavorare fino allo sfinimento e lo pretende anche dagli altri, ma non si rende conto che per molti è dura lasciarsi andare completamente per ore. Sul set con quelle scene di sesso lunghissime ho davvero sofferto. Alle 2 di notte, dopo 14 ore di riprese di fila, eravamo tutti distrutti, mentre lui era ancora più pimpante della mattina precedente. Avevamo la tentazione di sciogliergli un sonnifero nel bicchiere».
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