Eros Galbiati: la nostra intervista con un attore eclettico, da Notte Prima degli Esami a Ritratto di un Certo Oriente
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Eros Galbiati: la nostra intervista con un attore eclettico, da Notte Prima degli Esami a Ritratto di un Certo Oriente

«Sono un attore che ama ogni sfumatura del set. La noia, i tempi morti, i camerini freddi e sporchi. Il set è stato la mia più grande famiglia» ci racconta questo artista poliedrico, capace di spaziare dalla regia del videoclip di Sincero di Bugo feat. MOrgan all'interpretazione di questo suo ultimo, imperdibile indie film brasiliano

Eros Galbiati: la nostra intervista con un attore eclettico, da Notte Prima degli Esami a Ritratto di un Certo Oriente

«Sono un attore che ama ogni sfumatura del set. La noia, i tempi morti, i camerini freddi e sporchi. Il set è stato la mia più grande famiglia» ci racconta questo artista poliedrico, capace di spaziare dalla regia del videoclip di Sincero di Bugo feat. MOrgan all'interpretazione di questo suo ultimo, imperdibile indie film brasiliano

Eros Galbiati

Per riassumere Eros Galbiati come attore, interprete di cinema serie tv e teatro, nonché regista, autore e produttore, potremmo passare rapidamente alla formula: unico nel suo genere. Peccato che poi bisognerebbe anche stabilire, in modo del tutto arbitrario, cosa intendiamo esattamente per genere e se nella fattispecie questo appartenga più al mondo delle Arti performative che non all’universo dell’universo dell’Audiovisivo. Per tracciare anche solo le coordinate della sua carriera, dal successo esplosivo del suo film d’esordio, il fenomeno Notte prima degli Esami al nuovo lungometraggio dal 30 gennaio al cinema, Ritratto di un Certo Oriente, dobbiamo già evocare un gran numero di termini, definizioni e nomi che appartengono alla Storia della Cultura dal ‘900 al nuovo Millennio. Cinema d’autore, Cinematografia Indipendente, Musica Alternativa, Underground, Controcultura. E se poi qualcuno pretendesse perfino di riassumere la persona Eros Galbiati in pochi pratici aggettivi, finirebbe solo per banalizzare, magari in modo pessimo o triviale un Artista e una Filmografia che si negano a qualunque forma di riduzione o semplificazione. Perché il protagonista di questa intervista non può essere in alcun modo presentato se non con le sue stesse parole, e su tutto il suo personale, originalissimo percorso artistico e di vita.

«Ritratto di un Certo Oriente ha avuto la sua premiére mondiale circa un anno fa al Rotterdam Film Festival. Un Festival che come sappiamo è zero glamour ma è fondamentale. Questo film è stato un’esperienza umana estremamente importante per me. Si tratta a mani basse dell’opera più autoriale che abbia mai interpretato» ci spiega Eros Galbiati. «In Italia esce il 30 gennaio ma ora io, il regista Marcelo Gomes e il produttore Ernesto Soto faremo un tour nazionale che parte il 6 febbraio a Milano all’Ariosto Anteo spazioCinema, prosegue il 7 a Bologna al Cinema Arlecchino e l’8 febbraio a Torino al Cinema Massimo. Il 9 febbraio saremo a Roma al Cinema delle Provincie e poi chiudiamo il 10 febbraio a Perugia al PostModernissimo» continua l’attore. 

Ma se quest’intervista somiglia in tutto e per tutto a un piccolo viaggio nello spazio e il tempo – senza escludere Roma, Milano, Venezia, l’Amazzonia o New York City – la ragione resta la Filmografia di Eros Galbiati. In chiave quasi dadaista troveremo ancora altri successi di pubblico e critica, prodotti per il grande o il piccolo schermo, così come le sperimentazioni più imprevedibili. Per finire naturalmente a volgere lo sguardo al futuro, e quanto deve ancora accadereSarà lo stesso Eros Garbiati a suggerirci la parola chiave: Detour. Termine francese che letteralmente si traduce deviazione, ma al contempo appartiene a quelli che il semiologo strutturalista Roland Barthes chiamava con un nome preciso: Miti d’oggi. E aggiungiamo solo che chiunque abbia visto i due capitoli del dittico Notte Prima degli esami non può certo aver dimenticato il suo personaggio, Riccardo. L’amico che nel primo film, ambientato nel 1989, guida “la Porche del Papi”. Dal sequel/reboot Notte prima degli Esami Oggi del 2007 si spazia poi a tutta una serie di titoli anche agli antipodi, alla serie Sky Atlantic 1992, 1993 e 1994, per arrivare al 2023 e il primo film da regista di Margherita Buy, Volare, nel quale l’attore riveste anche il ruolo di produttore esecutivo; passando attraverso il set e il successo della serie Netflix Ripley di Steven Zaillian. E grazie alla nostra chiacchierata scopriremo un gran numero di fatti. Anzitutto i retroscena e gli aneddoti che raccontano la storia produttiva nascosta dietro la materia filmica, se parliamo di Ritratto di un Certo Oriente, l’imperdibile ultimo lavoro di uno dei più influenti filmmaker del Brasile contemporaneo (qui il trailer ufficiale); distribuito nel nostro paese da Kavac Film in collaborazione con KIO Film.

Ma non dimenticheremo in alcun modo i videoclip e i cortometraggi diretti da Eros Galbiati, tra i quali c’è Sincero, videoclip ufficiale del brano firmato dal cantautore Cristian Bugatti in arte Bugo, portato sul palcoscenico del Festival di Sanremo nel 2020 in coppia con Morgan. Tecnicamente un caso mediatico da quasi 15 milioni di visualizzazioni su You Tube, pronto a tornare nella nostra chiacchierata un’altra cosa. Forse quel che era in origine: un momento di cinema che conquista per la qualità e la grazia del versante formale.

Cominciamo non dal principio ma dal tuo film d’esordio. Com’è stato per te incontrare subito un successo così travolgente?

Eros Galbiati: «Mi rendo conto a distanza di quasi vent’anni da quel film di essere stato così fortunato da far parte di una storia incredibile. La genesi di quel film, quello che è successo all’uscita. L’affetto dei fan anche dopo quasi vent’anni è una cosa incredibile. Probabilmente il 95% degli attori, delle persone che fanno il mio mestiere non hanno avuto o non avranno la possibilità di avere quell’impatto, vivere quel percorso in una maniera realmente…da popstar esagerata. Era un momento totalmente fuori controllo, fuori di testa se ci pensi. C’era una forma di fanatismo enorme che però aveva la genuinità di andare a braccetto con l’affetto del pubblico, a livello proprio umano. Io poi all’epoca vivevo a Roma che era la culla di quel film e quella storia. Non mi sono laureato ma ho fatto il DAMS a Roma. Poi ho fatto delle scelte diverse nella vita. Ho vissuto tanti anni negli Stati Uniti, a New York, dove nel 2012 ho comprato una quota di un ristorante insieme a degli amici, che ho poi venduto. Ma so che ho vissuto la città da local. E oggi non mi potrebbe sfiorare neanche la lontana idea di tornare lì a vivere, per quanto i miei migliori amici, persone a cui voglio un bene oltre misura sono ancora lì. Sotto tanti punti di vista è una città molto complessa, molto dura. Credo sia molto cambiata dopo il Covid. Le persone mi dicono che ora hanno paura di prendere la metropolitana. In questo momento comunque ho deciso di sistemarmi a Milano, e sto pensando di vivere in una città che sia anche più piccola. Ma Roma mi manca moltissimo» racconta l’attore, prima di tornare a parlarci approfonditamente e nel dettaglio del film Ritratto di un Certo Oriente.

«La produzione aveva iniziato il suo percorso esattamente un anno prima. Poi il film si è dovuto fermare a causa Covid e credo avessero girato al massimo tre giorni. Ci sono state diverse fasi produttive e per questo io sono entrato nel cast in una secondo momento. Come puoi immaginare aveva dei fondi e un budget limitati, perché parliamo di un indie film a tutti gli effetti, con una genesi di otto anni alle spalle. La sceneggiatura è tratta da questo romanzo molto bello, scritto da un autore che fa parte della comunità libanese in Brasile» prosegue l’attore, mentre stiamo per addentrarci nel vivo del racconto e della sua esperienza sul set di Marcelo Gomes. «Non tutti sanno che ci sono più libanesi in Brasile che in Libano in questo momento. L’attenzione nel film si concentra su questa piccola grande storia tra fratelli ma si trasforma in un film storico, un film in costume, con questo bianco e nero voluto, quasi alla Salgado. Pensa che poco prima che io partissi per il Brasile sono venuto a Roma e al MAXXI c’era proprio la Mostra di Sebastião Salgado, Amazônia. Si trattava di una mostra realmente immersiva, sembrava di trovarsi realmente nella giungla in mezzo alle foglie». 

 «Questo film poi è stato un’esperienza umana estremamente importante per me. Era difficile da realizzare, i mezzi erano pochi, la logistica era complicata, il clima era avverso. Quando parliamo di Amazzonia la gente magari pensa che eravamo in una capanna in mezzo alla foresta. No, eravamo in una città che si chiama Belém do Parà, che ha due milioni di abitanti. E due milioni in realtà sono pochissimi dal punto di vista dei brasiliani, lì è considerata una zona scarsamente popolata. Belém è la capitale dello Stato del Parà, uno stato che include una parte della foresta amazzonica. Ed è stata una città molto importante nel dopoguerra perché è stata la prima dove veniva portata la gomma in uno scambio commerciale con Lisbona».

«Ma è una città molto importante anche oggi» specifica Eros Galbiati. «Io ero già stato in Brasile perché quando vivevo a New York ho avuto una relazione di diversi anni con una ragazza brasiliana. È l’unico stato al mondo dove chiunque può essere brasiliano e nessuno può dirti che non è vero finché non mostri il passaporto. Trovi un uomo di un metro e novanta con i capelli rossi e le lentiggini e l’indio di un metro e sessanta con la pelle scura. Un paese veramente intervariegato, incredibile dal punto di vista della biodiversità umana». «Marcelo Gomes è un regista estremamente benvoluto, con una grande storia in Brasile. Ha vinto premi importanti. Un vero autore. Una persona super semplice con un pensiero molto profondo, in grado di creare un team di persone che amassero realmente questo progetto, disposte a tornare dopo mesi di blocco sul set per portare a termine il film». 

«Non posso non citarti il nostro grandissimo Direttore della Fotografia, Pierre de Kerchove. Per me un genio assoluto» risponde Eros Galbiati quando gli chiediamo chi sia l’autore di questo bianco e nero devastante. «Se parliamo di grandi budget, voglio dire, io ho anche girato Ripley, laa produzione più fastosa cui io abbia mai preso parte. Però Pierre, che ha una relazione molto stretta con Marcelo, un giorno mi disse: “Vedi, io faccio tanti spot commerciali, in tutto il mondo, anche negli Stati Uniti, perché quelli mi permettono di fare questo. Mi permettono di essere qui oggi”». 

«Non so come dirti: in Brasile ho visto gente che quel lavoro lo faceva nelle condizioni che gli erano date. Nelle pause pranzo si sdraiavano tutti sulle stuoie per farsi la pennichella insieme. A un certo punto, soprattutto quando facevamo le notti, quando qualcuno era in pausa si tiravano fuori gli strumenti musicali, si suonava Samba. È Brasile, è un’altra cosa. Nei giorni in cui non lavoravo ero abbastanza segregato in un hotel modesto, senza grandi comfort». «Il Brasile è tendenzialmente un paese difficile, anche in parte pericoloso da vivere da Gringo» specifica comunque Eros Galbiati riguardo la sua esperienza in Brasile per Ritratto di un Certo Oriente. «In alcuni momenti mi sono sentito anche molto solo, anche se la macchina produttiva era molto rodata. Io non giravo tanto quanto gli altri attori che invece sono presenti in un terzo del film. Ma sono rimasto per tutta la durata delle riprese, che sono durate circa un mese e mezzo. Cinque settimane di riprese precedute da due settimane di prove, perché Marcelo ci teneva che si potessero creare tra noi attori dei legami che si potessero replicare con più facilità davanti alla macchina da presa. Così è successo. Io e gli attori libanesi siamo stati molto vicini, abbiamo vissuto insieme realmente, con una dinamica di quotidianità molto basica».

«L’inverno non è come a Rio de Janeiro. Nel Parà fa caldo, piove tantissimo, da questo punto di vista è anche un contesto estremamente violento. La natura la senti realmente. Prima vedi il cielo blu e dopo un quarto d’ora arriva l’inferno, per due ore e poi basta; c’è un’umidità pazzesca. Ho girato tanto anche su questa Gaiola, questa barca con tutte le amache che vedi tra l’altro nell’unica scena a colori del film. Non so ancora se dopo la distribuzione in sala il film avrà anche una distribuzione sulle piattaforme streaming. Ma su grande schermo ha un impatto incredibile. E se parliamo del Sound Design, il film è stato girato praticamente tutto in Presa Diretta. Le lingue che senti per esempio non sono preparate. Io parlavo pochissimo portoghese prima di scoprire che avrei dovuto recitare in questa lingua. E mi sono reso conto di parlare fluentemente portoghese solo tempo dopo, quando ho iniziato a dialogare con delle persone in una cittadina sul Rio nelle Amazzoni, in una zona del Brasile dove quasi nessuno parla inglese».

«Una battaglia che porto avanti con me stesso e con il contesto sociale che vivo è proprio questa. Quella sulla percezione di cosa sia il successo» ci racconta a questo punto Eros Galbiati, dopo che abbiamo fatto tutti i complimenti possibili a questo incredibile indie film brasiliano – realizzato in condizioni tanto difficili da immaginare a un occhio esterno, data la sua bellezza formale e il risultato finale.«Il concetto di successo oggi non è più determinato da quello che fai. Se oggi tu hai un baracchino di panini e fai un sacco di soldi sei più di successo di un attore che fa una vita fichissima, però magari lavora poco. Il peso di un film non è dato solo dal suo successo commerciale, questa cosa mi devasta» ci spiega Eros Galbiati riguardo la sua carriera ma soprattutto il suo percorso artistico e umano. «La continuità non è la mia specialità. Ma posso dire con un pizzico non di presunzione, ma di visione ottimistica che dal mio punto di vista non ho ancora cominciato a lavorare. La mia Belle Epoque non è ancora arrivata».

«Io amo il set. Sono un attore che ama ogni sfumatura del set. La noia, i tempi morti, i camerini freddi e sporchi. Il set è stato la mia più grande famiglia. Mi fa sentire parte di qualcosa» aggiunge Eros Galbiati. E a questo punto non possiamo fare a meno di chiedere qualche aneddoto dal set Netflix di Ripley. «È stata una grandissima produzione. Avevo progettato di restare in Brasile un po’ più a lungo ma è arrivata la notizia che dovevo girare a Venezia. Arriviamo in questo palazzo del ‘700 di una bellezza mozzafiato, guardando sotto c’erano tutte quelle barche di legno, nei canali, con tutti i mezzi di una produzione così gigantesca, i dolly, le macchine da presa. Credo che quello che ho vissuto sia praticamente il sogno americano. Le persone intorno a noi erano impazzite. E poi c’era John Malkovich sul set mentre c’ero io. Eravamo in due sale diverse, ma lui per me è uno degli Dei del Cinema. Per me è stato tipo ok: sono nell’unica sequenza in cui c’è anche John Malkovich!». 

“Volevo fare il cantante delle canzoni inglesi / Così nessuno capiva che dicevo / Vestirmi male andare sempre in crisi / E invece faccio sorrisi ad ogni scemo / Sono Sincero / Me l’hai chiesto tu / Ma non ti piace più”. Questi versi di Cristian Bugatti, in arte Bugo per Sincero, dopo l‘affaire Sanremo 2020 sono ormai conosciuti praticamente dall’Italia intera. E non ci addentreremo volutamente nella successiva fase di accuse reciproche tra i cantautori né la querelle legale che infine ha visto contrapposti in tribunale Bugo e Marco Castoldi, in arte Morgan, terminata almeno per il momento con l’assoluzione di quest’ultimo rispetto all’accusa di diffamazione aggravata. Ma per chiudere la nostra intervista con Eros Galbiati non possiamo non chiedere anche qualche aneddoto legato ai suoi videoclip come regista.

«Il video di Sincero ha avuto un successo di visualizzazioni incredibile, nonostante per questioni legali sia stato tolto per un sacco di tempo da You Tube. Avevo già fatto un videoclip per una band di miei cari amici che si chiama La Scapigliatura, il brano e il video erano con Arisa. Il video è composto da tutti pezzi di vecchi film di Nanni Moretti rifatti da noi. Si intitola Incontrarsi un giorno a Milano. Loro sono i più grandi fan di Nanni Moretti al mondo. Si tratta di una indie band, il budget era poco ma loro sono autori pazzeschi a livello di scrittura. Rispetto al mio video di Sincero, invece devo dire che è stato un lavoro molto difficile, soprattutto per questioni diciamo umane. Il problema di quel brano è che il pezzo è di Bugo, ha scritto il testo ma canta solo il ritornello. Le strofe sono tutte di Morgan. Quindi nel video ho voluto creare una distanza tra loro due, che dopo Sanremo è stata percepita come una cosa fatta apposta. A livello grafico io dovevo giustificare una narrativa che potesse includere entrambi. Ti ricordi il cartone animato Holly e Benji, l’Infinity Walk? Corrono corrono corrono ma non arrivano mai. Nel video Morgan e Bugo si rincontrano solo quando alla fine sono molto vicini e si cantano quel bridge ulteriore, guardandosi negli occhi».

«Adesso Bugo ha dichiarato che farà l’ultimo concerto della sua carriera il 1 aprile all’Alcatraz di Milano. Sono tutti convinti che sia un pesce d’aprile ma lui dice che non sia così. Nel 2020 avevo girato tutti i videoclip del disco  la possibilità di girare anche un piccolo film molto creativo che dura credo sette minuti: Quando impazzirò. In questo cortometraggio ci sono cose molto belle, da una citazione di Whiplash, musica intradiegetica ed extradiegetica alla stesso tempo. Ho montato il suono della voce di David Lynch che legge le sue previsioni del tempo. E in realtà siamo partiti da qualcosa che tutti abbiamo vissuto durante il Lockdown, la solitudine nel tedio della routine, la continua ridondanza di azioni quando non abbiamo niente da fare. Con lui avevo fatto anche il video di Mi manca con Ambra Angiolini. Mi ha permesso di lavorare con lei come faccio con i miei grandi insegnanti da tanto tempo: l’espressione della vulnerabilità. Ritengo di essere discretamente bravo nella gestione dell’umanità di chi ho di fronte. Mi piace cercare oltre la nostra persona pubblica, egotica, conservativa rispetto alla private persona che è invece dentro di noi. Il punto non è quello che provi. “It’s how you deliver it” dicevano i miei insegnanti. Il punto è come restituisci i tuoi sentimenti agli altri».

E per chiudere la nostra intervista con i prossimi progetti e il prossimo futuro, scopriamo anche che Eros Galbiati sta lavorando allo sviluppo di diversi soggetti e sceneggiature. In particolare, lo script per un lungometraggio e il testo di uno spettacolo teatrale che potrebbe andare in scena proprio quest’anno. Ma per il momento non possiamo o vogliamo altro. E in attesa di ritrovarlo con nuovi detour e nuove sorprese, vi invitiamo ancora a non perdere Ritratto di un Certo Oriente di Marcelo Gomes e il tour che vedrà insieme attore, regista e producer italiano pronti a incontrare il pubblico in sala, fino al 10 febbraio nei cinema d’Italia.

 

Eros Galbiati

Eros Galbiati. Foto: Tommaso Salamina

Foto: Tommaso Salamina

 

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