Pubblichiamo a puntate lo speciale esclusivo del numero di Best Movie di febbraio dedicato al centenario degli Studios.
Un nome su tutti, però, richiama e riassume il potere magico di Universal: Steven Spielberg. Più e meglio di ogni altro, il grande cineasta incarna oggi il ruolo di moderno cantastorie. Come il pifferaio magico, ci ha incantato e ci ha guidato lucidamente attraversato gli eventi cruciali della storia. Attraverso i suoi eroi bambini siamo cresciuti con un amico extraterrestre (E.T., 1982) quando il mondo anni Ottanta sembrava gravido di speranza e poi, quasi adulti, ci siamo preparati alla catastrofe quando invece l’umanità si è ritratta nelle retrovie della paura post 11 settembre con il remake de La guerra dei mondi (2005). Attraverso gli occhi di Spielberg non abbiamo solo immaginato mondi fantastici. Il suo sguardo ha immortalato con raffinata poesia anche le più grandi atrocità realmente commesse dall’uomo come in Schindler’s List e, affidandosi al suo pupillo Zemeckis per qualche ora ha reso possibile uno dei più grandi desideri di tutti noi: il viaggio nel tempo con Ritorno al futuro. Per poi ricreare la preistoria grazie ai T-rex di Jurassic Park.
La “scuola Spielberg” in quel di Universal ha insomma spianato la strada per un mondo fantastico, di grandioso entertainment, che costituisce ancora oggi il suo marchio di fabbrica con titoli in uscita come il fantasy epico Biancaneve e il cacciatore (vedi pag. 44). E non è un caso se per il suo centenario la major dedichi proprio a lui il tributo più grande, inserendo due dei suoi più celebri capolavori nella lista di 13 film che hanno fatto la storia degli Studios e che sono entrati a far parte di un programma di restauro negli ultimi mesi: Schindler’s List e Lo squalo, ovvero l’opera della definitiva consacrazione dell’Academy e quella che lo ha lanciato nell’olimpo della celluloide.
È il 1975 quando, alla fine dell’“era Hitchcock”, Universal trova nel giovane regista di Cincinnati il talento che riesce a radunare in un unico film le due linee editoriali che hanno contraddistinto la sua produzione: i monster movie e il thriller. Lo squalo segnò un passo determinante nell’immaginario collettivo cinematografico, soprattutto grazie al terrore che Spielberg riuscì a materializzare pur non mostrando nemmeno la pinna del “Grande bastardo bianco”, ovvero il nome con il quale aveva battezzato uno dei tre squali meccanici costruiti per le riprese. Facendo tesoro della lezione hitchcockiana, al regista bastarono quei misteriosi movimenti a filo d’acqua per tramortire di tensione e paura le platee del mondo intero. D’altra parte, per il grande demiurgo dell’immaginifico era solo il primo mattone di un nuovo cinema di intrattenimento e sentimenti senza confini. Il film sancì il definitivo legame tra il regista e la casa di produzione, che vinse tre premi Oscar e diede vita a tre sequel (nessuno sotto l’egida di Spielberg, però), due videogame, due musical, due attrazioni in parchi tematici e ancora oggi rappresenta uno dei maggiori incassi della Universal con oltre 470 milioni di dollari in tutto il mondo. Chissà come sarebbe cambiata la storia di questo film e di tutto il cinema se i produttori avessero deciso infine di optare per uno degli altri due registi presi in considerazione prima di Spielberg, ovvero John Sturges e Dick Richards? Fortunatamente, grazie alla fiducia e all’apparato produttivo della major, i sogni di Spielberg sono diventati anche i nostri.
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