L’alternanza continua tra il cinema indie a budget ridotto (a volte addirittura misero) delle cinematografie minori (Indonesia, Filippine) e i grandi blockbuster sudcoreani e hongkonghesi è da sempre uno degli elementi di maggior interesse del Far East Festival.
A questa seconda categoria appartiene The Great Magician, commedia d’avventura in costume ambientata in Cina all’alba del ventesimo secolo, mentre la Dinastia Qing è sull’orlo del collasso e un pugno di generali lotta per spartirsi il paese. Uno di questi, il rozzo e spietato Bully Lei (Lau Ching Wan), riceve la visita di un celebre mago di Pechino, Chang Hsien (Tony Leung, noto in Italia soprattutto per In the Mood for Love e Hero), di ritorno in città dopo molti anni. I suoi spettacoli sono in realtà un mezzo per avvicinarsi il più possibile al potente uomo d’armi, rapirlo e scambiarlo con un anziano dissidente tenuto prigioniero. E di mezzo c’è anche una donna contesa…
Il film, che raduna le due superstar di Hong Kong Lau e Leung 13 anni dopo The Longest Nite di Johnnie To, sembra a prima vista poco più di un giochino fantasy-storico graziato da costumi e scenografie ricchissime, perché la vena thriller della storia resta solo potenziale e si scommette tutto sulla cinegenia del teatro illusionista. In realtà The Great Magician ha un secondo piano di lettura più interessante, visto che in Cina la magia (e, per estensione, il cinema di genere fantasy e sci-fi) è una forma di rappresentazione e spettacolo proibita, perché considerata una minaccia per lo status quo. E infatti l’unico personaggio che il generale uccide a sangue freddo è un regista… Al di là di questo, The Great Magician è uno splendido spettacolo per gli occhi e l’umore, pur con tutte le sue ridondanze e superficialità.
(con la collaborazione di Gianluigi Perrone)
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