Quando parti per Udine, direzione Far East, già sapendo che ti aspetta la pioggia e una bronchite tardo primaverile, non sempre ti senti al settimo cielo. Poi inziano i film, e immediatamente ti rendi conto che il piccolo conflitto con la tua pigrizia aveva motivo d’essere combattuto. Il merito maggiore del Festival friulano è di farti provare sapori diversi dopo mesi di omologazione, pur restando all’interno di un immaginario popolare. E in un giorno solo ti capita di vedere cose più belle di quelle che hai visto negli ultimi due mesi restandotene bloccato a Milano.
Un grande gangster movie
Del magnifico The Last Supper vi abbiamo raccontato ieri, mentre oggi tocca spendere qualche parola per il gangster movie coreano New World di Park Hoon-jung.
Ai vertici di un’organizzazione mafiosa di Seul si apre la battaglia per la successione, dopo che il boss in carica è stato eliminato con un incidente automobilistico pilotto. Fra i tre candidati alla sua sedia si scatena una faida, alimentata da un’operazione di sabotaggio condotta da un commissario senza scrupoli (Choi Min-sik, l’old boy di Park Chan-wook). Quest’ultimo ha tra le mani diverse talpe infiltrate nella banda, ma si vede anche di nascosto con uno dei gangster, con cui stringe accordi sottobanco. Sarà proprio una delle talpe, stufa di essere manipolata e ricattata dalla polizia, a prendere in mano la situazione e scombinare i piani di tutti.
New World sembra un vecchio noir maschilista di Kitano, prima dell’inizio della sua crisi creativa dichiarata con la Trilogia sull’artista e palesatasi con i successivi, pessimi, Outrage e Outrage Beyond. Ci sono i giochi del potere mafioso, la corruzione della politica, l’arroganza della polizia: un mondo creato dagli uomini per gli uomini, in cui le donne – silenziose, affidabili e pazienti – finiscono malissimo. Uno scenario classicamente tragico, teatrale, violentissimo, servito da personaggi ben congegnati e da una centralità dell’amicizia virile nel determinare scelte e destini che fa subito pensare ai grandi gangster movie di Hong Kong. Non rivoluzionario, ma davvero bello.
Facciamo “Bunga Bunga”?
Una curiosità: uno dei protagonisti, per proporre all’amico di andare a donne, usa il termine “Bunga Bunga” (dice proprio così, come lo diremmo noi). Un riferimento inquietante, nella sua naturalezza gergale, alla recente cronaca italiana.
Italia che ritorna anche in un terrificante b-movie che ha aperto le proiezioni del martedì mattina: Million Dollar Crocodile. Il milione di dollari del titolo sono in realtà 100.000 euro che una sgallettata – escort non dichiarata, ma insomma… – confessa a un amico di aver messo da parte durante otto anni di permanenza dalle nostre parti (anche qui, la scelta del paese non sembra un caso): “cosa credi che abbia fatto per tutto quel tempo?”, dice. Soldi che finiranno nella pancia di un coccodrillo gigante, scappato dalle cucine di un ristorante specializzato nelle bistecche di alligatore. In questo caso, meglio sorvolare sulla qualità del film, interessante però come pietra di paragone: le farse grossolane si assomigliano un po’ dappertutto, con la differenza che in Cina questo tipo di satira si tiene ben lontana dall’attualità politica. Per lo meno la propria.