La 17. edizione della Festa del Cinema di Roma ha aperto oggi i battenti. Per undici giorni, dal 13 al 23 ottobre, l’evento porterà nella Capitale alcuni tra i titoli italiani e internazionali più attesi dei prossimi mesi spaziando tra le novità del grande e piccolo schermo. Ad inaugurare la kermesse è stato Il Colibrì, la nuova fatica della regista e sceneggiatrice Francesca Archibugi, che per il suo dodicesimo lungometraggio ha scelto di adattare l’omonimo romanzo di Sandro Veronesi, vincitore del Premio Strega nel 2020.
Ad interpretare il protagonista Marco Carrera – soprannominato fin da bambino Colibrì – è Pierfrancesco Favino, presente alla conferenza stampa insieme ai colleghi Kasia Smutniak, Bérénice Bejo, Laura Morante, Benedetta Porcaroli e Nanni Moretti. Insieme al cast anche Veronesi, Marco Mengoni – interprete di uno dei brani del film – e ovviamente Francesca Archibugi.
L’autrice romana dirige un dramma familiare che racconta più generazioni e più tipologie di umanità, seguendo una linea che traccia l’infanzia, l’adolescenza, l’età adulta e la vecchiaia del protagonista e di coloro che lo hanno accompagnato nel suo cammino. Chi andandosene dolorosamente nel mezzo, chi rimanendo fino alla fine.
Emblematico in tal senso è il rapporto con Luisa, l’amore di una vita ma al contempo il simbolo dell’amore non vissuto: un’amante “spirituale” e mai fisica che per l’uomo diventa la presenza forse più importante e, in un certo senso, anche quella ironicamente più stabile.
“Lui ha un tipo di maschilità che non viene spesso raccontata nei film“ Ha detto Favino in conferenza stampa. “Ha un aspetto che siamo portati a definire tendenzialmente come femminile, che mi piace. È un uomo circondato da donne ed è esattamente quello che capita nella vita anche a me. Mi piace il fatto che sia un tipo di maschilità che non ruota intorno alla sessualità, lo trovo un elemento con cui mi sento in armonia.”
L’assenza di una dimensione fisica è centrale anche per Bérénice Bejo, che presta il volto proprio a Luisa. “Penso che il mio personaggio e quello di Favino vivano una relazione reale, anche se non passa dalla sessualità. Non l’hanno vissuta come ci dicono che bisogna vivere un legame. La loro storia è meravigliosa ed è una di quelle che mi hanno sconvolto di più.”
Francesca Archibugi non ci ha pensato due volte ad accettare di misurarsi con un simile progetto e soprattutto con un materiale di partenza tanto vicino a quelle che da sempre sono le sue corde, quando si tratta di raccontare, né più e né meno, l’animo umano in tutta la sua complessità.
“Ho letto il libro di Sandro appena uscito, a Parigi, non c’erano librerie italiane e l’ho preso su Kindle il giorno stesso in cui è uscito. Conosco Sandro da 30 anni e questo libro mi ha molto turbato. Non avevo pensato di farci un film, ma la proposta di Domenico Procacci e Sandro mi ha reso molto felice. Il libro era come se fosse stato scritto da me ma molto meglio, perché Sandro è un grande scrittore, ma c’erano tutti i temi a me più cari. Volevo rispettare del tutto il libro di Sandro, e fare un film al 100% mio.”
Sebbene racconti innanzitutto la storia di un uomo, prima che di una famiglia, è nei ritratti femminili che Il Colibrì mostra il maggior numero di volti, di sfaccettature e di differenti approcci alla vita. Uno dei personaggi più complessi e tormentati, ma anche maggiormente aggrappati al più puro desiderio di felicità, è quello di Marina, la moglie di Marco, interpretata da Kasia Smutniak.
“Ho amato moltissimo il romanzo di Sandro e l’ho trovato tanto spirituale nel messaggio che porta e soprattutto nella speranza che c’è”, ha detto l’attrice. “Per poter interpretare Marina mi sono ispirata a una persona in particolare e ad altre presenti nella mia vita, ho dovuto comprenderle, perdonarle e amarle senza farmi troppe domande. Per me Marina rappresenta una persona che vive incastrata in uno schema che prevede una ricerca della felicità disperata attraverso quello che a noi donne la società propone, solo e soltanto attraverso lo schema di figli famiglia lavoro e casa. Non tutti però ci si ritrovano, siamo persone diverse e alcune fanno più fatica di altre.”
Tra i volti presenti sul palco anche quello del cantautore Marco Mengoni, interprete di una canzone inedita di Sergio Endrigo e Riccardo Sinigallia dal titolo “Caro amore lontanissimo”. Per l’artista, partecipare al film, seppur con la sola voce, è stata un’opportunità meravigliosa, di quelle che capitano una sola volta nella vita.
“Anch’io avevo letto il libro in tempi non sospetti e sono onorato di essere entrato a far parte del progetto con un pezzo di Sergio Endrigo, che reputo uno dei nostri più grandi interpreti. Sono entrato in punta di piedi nel progetto riarrangiando il pezzo. Il problema è che abbiamo sempre timore di fare delle cose belle, quando dovremmo avere il timore di fare cose brutte. Ringrazio anche Claudia Endrigo che mi ha regalato questo brano tempo fa. E il film secondo me è bellissimo, ho pianto come un bambino!”
Foto: Getty (Vittorio Zunino Celotto)
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