È l’estate del 1985 quando un diciottenne François Ozon si trova tra le mani il romanzo di Aidan Chambers, Danza sulla mia tomba. Ne è così affascinato da decidere di trarne una sceneggiatura, convinto che quando diventerà regista sarà il primo lungometraggio di cui vorrà occuparsi. Passano gli anni, le cose non vanno esattamente come previsto, e il romanzo rimane chiuso in un cassetto senza che però il regista riesca a liberarsene. Finisce così con l’inserire, forse inconsapevolmente, molti degli elementi di quelle pagine nei film che dirige – il cimitero in Franz, l’obitorio in Sotto la sabbia, il rapporto con un professore appassionato in Nella casa, il travestimento in Una nuova amica – fin quando si rende conto di non poter più rimandare, e decide di adattare l’opera ambientandola però proprio nell’anno in cui ha letto il libro per la prima volta: Estate 1985.
Nel farlo, più che lasciarsi andare all’elemento della nostalgia tanto in voga nelle produzioni cinematografiche e televisive degli ultimi anni, decide di guardare a quella storia con tenerezza, la stessa tenerezza con cui probabilmente riguarda i suoi vecchi film, con cui ogni adulto riguarda al sé bambino, con cui ogni innamorato ripensa al suo primo amore. Capace com’è poi di maneggiare i generi, contamina il ritmo del coming of age con il tempo del noir, facendoci dubitare delle intenzioni del protagonista.
È Alex, in voice-over, a raccontarci come sono andati i fatti, e dalla panchina di un commissariato ci mette da subito in guardia: un ragazzo è morto. Sarà lui il colpevole? Scopriremo tutto grazie ai continui flashback e alla scrittura terapeutica del protagonista, che per superare il lutto sarà consigliato a mettere per iscritto le sei settimane cha gli hanno cambiato la vita.
Estate 1985 sta all’incrocio tra Stand by me, Call me by your name e Il tempo delle mele. Consapevolezza di sé, scoperta del proprio orientamento sessuale, e una storia d’amore gay senza l’ombra dell’AIDS (ancora per poco spettro silente), lontano dal giudizio familiare.
David è l’eroe romantico, attento ai più deboli, capace di sconfiggere i bulli, di correre velocissimo e solcare i mari. È così vivo da essere quasi un sogno, il sole. Alex è il ragazzino che da quel sole finirà per il rimanere scottato. La tensione sessuale tra i due è così esplicita da turbare, la loro fame è così forte che l’annunciata tragedia non sorprende. Alla fine basterà l’outsider Kate, una ragazza alla pari inglese, per metterci davanti alla domanda più importante: “Siamo noi che ci inventiamo le persone che amiamo?”
Alex continuerà a chiederselo per tutta la vita. Così come Ozon.